«Sprint sul nuovo Palasport a Napoli, la Gevi è pronta a investire»

L’imprenditore Vito Grassi: «Impianto indispensabile, con il Comune l’interlocuzione è costante»

Vito Grassi
Vito Grassi
di Luigi Roano
Martedì 20 Febbraio 2024, 23:52 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 15:30
4 Minuti di Lettura

Vito Grassi - Vicepresidente di Confindustria nazionale - la vittoria della Gevi Napoli della Coppa Italia di basket ha scatenato non solo i tifosi: che significato ha per la città?
«È la magia dello sport, dove arrivano i risultati si genera fiducia. È la dimostrazione che con impegno, programmazione, serietà e l’approccio al lavoro quotidiano si possono ottenere dei risultati e ora tutti ci vogliono provare».

Detto così sembra facile...
«Il nostro è un metodo che si è evoluto: siamo partiti dalla serie B oltre6 anni fa, abbiamo pagato poi un po’ lo scotto della promozione in serie A1 e queste difficoltà ci hanno fatto capire che bisognava managerializzare la Società e stanno così arrivando i primi risultati. Poi ci vuole anche un po’ di fortuna che non guasta e magari e anche l’aiuto di San Gennaro come ha detto qualcuno, ma dietro tutto questo c’è un progetto che è la precondizione fondamentale». 

Il sindaco Manfredi ha detto: «Voi avete vinto la Coppa noi costruiremo il Palazzetto, entro 30 giorni svelerò la location». Come stanno le cose?
«Fa parte della magia dello sport anche questo, però va detto che il sindaco ci sta lavorando già da tempo. La provvisorietà del PalaBarbuto è sotto gli occhi di tutti così come lo scempio trentennale del Mario Argento dove nessuno ha fatto nulla, grida vendetta. Con Manfredi le interlocuzioni sono continue, ci aveva detto che entro giugno avrebbe preso una decisione la Coppa Italia servirà da acceleratore. Quello che ci serve è un Palaeventi che deve vivere non solo nei giorni delle partite altrimenti il ritorno dell’investimento sarebbe difficile».

Il Sindaco è orientato verso l’area est nello specifico sui terreni del Comune che dovevano servire al completamento del Centro direzionale, è una location che le piace?
«Ci sono proposte anche nell’area ovest come le ricostruzione del PalaArgento e c’è l’imbarazzo della scelta. Ogni area ha le sue opportunità, su questo siamo laici sarebbe assurdo non esserlo dopo avere assistito allo scempio del Palargento». 

È chiaro che assieme alla location il sindaco svelerà anche il piano tecnico finanziario: la Gevi è pronta a partecipare a un project financing o aspetterà investitori esterni?
«La location senza un piano finanziario e la relativa copertura non servirebbe a nulla, aspettiamo e vediamo cosa viene fuori. La Gevi è pronta a fare la sua parte: potremmo essere la Società che si propone oppure stare alla finestra».

Quello che dovrebbe nascere è un Palazzetto modello Torino dove il basket non sarebbe l’unico attrattore questo è compatibile con la Gevi?
«Siamo in un contesto in divenire prima bisogna capire il piano economico, ma è certo che il Palazzetto deve vivere oltre le partite. Io per il PalaArgento avevo già partecipato ai tempi di de Magistris sindaco a un project financing da circa 100 milioni. Con me c’era la più grande azienda americana costruttrice di palazzetti, poi purtroppo non se ne fece più nulla, si sarebbe trattato di una struttura da 10-12mila posti».

Allarghiamo gli orizzonti Napoli sta cambiando oppure è sempre una città immobile e poco attrattiva per gli imprenditori e gli investitori? Lei in Confindustria ha anche la delega alla Coesione che città osserva?
«L’industria campana e napoletana esce dalla crisi alla pari con l’industria nazionale: qui abbiamo continuato a produrre, digitalizzare e internazionalizzare, noi la sfida la reggiamo. Però Napoli e la Campania hanno bisogno di altre infrastrutture materiali e immateriali. Per esempio l’Alta capacità Napoli-Bari è importante, ma mentre sulla Bologna-Milano hanno fatto subito la linea diretta tra le due città noi qui siamo in ritardissimo perché tra Napoli e Bari ci saranno in mezzo nove stazioni. Bene coinvolgere i territori ma facciamo prima la Napoli-Bari. Poi sul fronte delle strutture immateriali vanno replicate le Academy come quella di San Giovanni a Teduccio della Federico II, migliore esempio di rigenerazione urbana è fondamentale l’apporto delle Università per la formazione dei giovani. Bene anche i nuovi Its regionali, ma quello che serve più di tutto è una migliore vivibilità. I territori devono essere attrattivi: ci servono investimenti produttivi con logica industriale alla quale corrisponde un piano di rientro che possa generare sviluppo». 

A Bagnoli finalmente si sta muovendo il Parco tecnologico, lei è a capo di un consorzio a che punta siamo per la prima pietra?
«Eravamo 46 aziende, oggi siamo una trentina del resto sono passati 16 anni e c’è chi ha cambiato anche lavoro. Grazie al sindaco-commissario per Bagnoli abbiamo ritirato i permessi a costruire ed è stato un grandissimo risultato. La nostra azienda è la più grande ed è fortemente impegnata: ci sono 60 milioni di investimenti tutti soldi di noi privati. Li a Bagnoli concentreremo tutto il personale, faremo un asilo nido la formazione. Il sogno è vedere la luce del parco nel 2026».