Parco Verde di Caivano, lo spaccio sottrae i giovani dalla scuola: frequenta solo il 9%

La dirigente dell'istituto scolastico superiore Morano ha fatto il punto della situazione
La dirigente dell'istituto scolastico superiore Morano ha fatto il punto della situazione
di Rosaria Rocca
Sabato 12 Febbraio 2022, 17:27
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Giovani leve sottratte al mondo della scuola. È questo lo scenario che si presenta al Parco Verde di Caivano, rione noto alle cronache locali come punto di riferimento dello spaccio sia per il Napoletano che per il Casertano. Le percentuali riscontrate, mediante l’analisi dei dati dell’istituto superiore Morano, sono allarmanti e portano l’attenzione su un vero allarme sociale. Pur trovandosi all’esterno del rione, la scuola accoglie solo il 9% dei ragazzi del Parco Verde.

Di questa percentuale così bassa solo circa il 3% arriva al diploma. La dirigente scolastica Eugenia Carfora affronta da anni la situazione in prima linea: «Non resistono perché vedono magari le madri che hanno problemi e vogliono lavorare. Molti, anzi troppi, non arrivano nemmeno ad iscriversi alle scuole superiori.

Nel Parco Verde ci sono 4500 anime con situazioni contestuali familiari veramente deprivate socialmente. Non hanno la forza di dire che la scuola è l’unica via, la luce per la libertà. Ci sono tantissime donne giovani che hanno figli molto presto, senza vivere la propria adolescenza o la bellezza della cultura. Non hanno assaporato la libertà che proviene dall’istruzione e non hanno ratio per educare i propri figli. È diventato un ghetto. Il tempo è un fattore critico. Non hanno la pazienza di aspettare il diploma, hanno fame. Se un familiare è in carcere e non sanno come mettere un piatto caldo in tavola, non riescono ad aspettare il diploma. È così che si crea la città sotto la città». 

La dirigente, però, non si arrende: «Bisogna rompere questa cultura dell’isolamento. Le scuole impeccabili devono stare nei luoghi difficili. Lo Stato non può permettersi di non utilizzare la continuità didattica in queste realtà. La mia scuola deve funzionare meglio di quella del Vomero. I professori devono stare qui il primo settembre perché io devo essere credibile. Nei quartieri difficili ci vuole il meglio. Ho creato dei contratti con le aziende perché voglio far vedere ai ragazzi altre luci, altre finestre. Questi ragazzi hanno già vissuto con la pragmaticità. Qui si paga troppo lo scotto anche del pregiudizio».

Nel 2013 il tasso di dispersione scolastica, registrato dall’istituto, era pari al 40%. Nell’anno scolastico 2019/2020 è migliorato arrivando al 12,47%. La percentuale, però, non risulta corrispondente alla realtà, secondo quanto spiegato dalla preside Carfora: «Prima andavamo a misurare abbandoni, ritiri e non ammessi. Con la pandemia avevamo realizzato 125 giorni di scuola, dopodiché siamo passati alla didattica a distanza. Pur avendo le verifiche, siamo stati portati a promuovere tutti». 

Nel 2020/2021 il dato è pari a circa il 24,28% su 836 studenti valutati. Risulta ancora poco coincidente con la realtà perché persiste lo strascico della pandemia. La percentuale può essere suddivisa in tre parti: i ragazzi che abbandonano perché non hanno trovato interesse, quelli che si dedicano ad altre forme di sopravvivenza attirati dai guadagni facili. Infine, ci sono quelli che vengono dirottati verso gli istituti paritari o enti di formazione. Solo il 50% dei ragazzi che si iscrivono al primo anno riesce a conseguire il diploma. Carfora ha concluso: «Attualmente, noi subiamo la legge del 1999 in riferimento all’obbligo scolastico. Si frequentano, quindi, i primi due anni di superiori non perché si vuole rimanere nel circuito scolastico ma perché la legge lo impone». 

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