Faida di Ponticelli, minacce al pm delle bombe: «Falla finita altrimenti fai bum»

Lettera inviata al magistrato della Dda Simona Rossi nel mirino dei clan orientali

Polizia a Ponticelli
Polizia a Ponticelli
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 22 Giugno 2023, 00:00 - Ultimo agg. 23 Giugno, 07:25
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Poche parole, decisamente brutte. Qualcosa che va oltre la consueta liturgia di offese e intimidazioni che toccano chi in genere indaga contro clan e malavita organizzata. Poche parole, decisamente brutte, anzi, minacciose e inequivocabili: «... ci hai rotto il ... tu e l’amica tua... altrimenti fai bum». 

Destinatario: il magistrato Simona Rossi, da anni in prima linea nel contrasto alla camorra, titolare delle principali indagini contro il clan Mazzarella (radicato in diversi quartieri di Napoli, ma anche in alcuni comuni della provincia vesuviana), ma anche contro le cosche di Ponticelli, i De Micco (famigerati Bodo) e i Marfella-De Luca Bossa. Una lettera minatoria, con l’obiettivo di intimidire o condizionare il lavoro di chi ogni giorno ascolta pentiti, si reca in Tribunale a sostenere condanne contro presunto boss e killer sanguinari, di chi vive in un contesto poroso come quello napoletano. È stata recapitata lo scorso 16 maggio, nel modo più diretto e subdolo al tempo stesso: attraverso una lettera spedita da un ufficio postale (c’è il timbro), all’ufficio notizie di reato, con tanto di destinatario.

La missiva è stata recapitata in busta chiusa all’ufficio della sostituta procuratrice della Dda, dove è stata aperta. Poche righe scritte con un normografo, nella quale spiccano alcuni particolari degni di rilievo: come il riferimento alla “tua amica”, che - per chi è dentro le dimamiche di contrasto alla criminalità organizzata - sembra un riferimento esplicito al pm Antonella Fratello, a sua volta magistrato che per dieci anni ha svolto indagini contro i clan di Ponticelli e i Mazzarella (per altro ottenendo, spesso in tandem con il pm Rossi) centinaia di arresti, condanne e sequestri.

Facile a questo punto partire da un dato abbastanza evidente: chi ha puntato i propri riflettori contro il pm Simona Rossi, è a conoscenza del fatto che di recente il magistrato Fratello ha lasciato la Dda, dopo i circa 10 anni di mandato, per passare alle indagini sui crimini predatori; e immagina (sbagliando) che il pm Rossi sia rimasta da sola a contrastare la camorra della periferia orientale. 

Brutto il riferimento all’esplosivo: al «bum», che allude all’esplosivo, alle bombe, metodi criminali particolarmente in voga proprio all’ombra del Lotto O (che qui pronunciano Zero) di Ponticelli. E non è un caso, che proprio sui bombaroli della camorra di Napoli est, che ieri mattina si è celebrata un’udienza decisiva per accertare le responsabilità di tre episodi esplosivi consumati lo scorso 22 luglio, sempre nel quartiere della periferia est. Udienza gup, rito abbreviato, è stato il pm Antonella Fratello a chiedere 12 anni di cella a carico di Cristian Marfella, ieri collegato in videoconferenza al 41 bis; Lorenzo Valenza, Alessandro Ferlotti, Luca Concilio. Secondo la ricostruzione della Dda di Napoli, la bomba è stata fatta esplodere all’interno dell’auto della moglie di Ciro Naturale, a sua volta indicato come reggente del gruppo dei De Micco; sempre in questa requisitoria, la Procura ha invece chiesto otto anni di reclusione nei confronti di Annamaria Amitrano, Ciro Flauto, a loro volta indicati come esponenti del clan De Luca Bossa, ritenuti responsabili di aver custodito armi da guerra rinvenute grazie a blitz delle forze dell’ordine pochi giorni dopo le bombe di fine luglio 2022. 

 

Ma torniamo alla storia della lettera minatoria. Si tratta di un documento che punta a intimidire, specie in un periodo in cui stanno entrando nel vivo alcuni fascicoli nati da agguati, stese, bombe e altri messaggi sinistri consumati in un quartiere scosso dalla presenza giovani e sanguinari affiliati. Un clima di tensione, per altro scandito dagli immancabili post social, magari dopo aver allestito veri e propri post adatti a TikTok. È il caso della foto del water fatto girare sul cofano di un’auto con lo sfondo delle palazzine popolari della periferia orientale. Tensione a fette, dal territorio alle aule di giustizia, anche alla luce del racconto che stanno facendo alcuni collaboratori di giustizia, puntualmente interrogati in questi mesi dal pm Rossi: la stessa che indaga sulle bombe e che oggi si confronta con quel «bum» alla fine di una lettera studiata a tavolino con l’obiettivo di intimidire.

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