Prezzi alti, a Napoli assalto ai mercatini rionali: «La spesa? Alla Pignasecca»

Arrivano da tutti i quartieri pur di risparmiare: «Solo la zona di Montesanto è ancora low cost»

Un mercato a Napoli
Un mercato a Napoli
di Giuliana Covella
Martedì 1 Agosto 2023, 09:55 - Ultimo agg. 2 Agosto, 08:08
4 Minuti di Lettura

Fare la spesa al mercatino rionale conviene. Contro i rincari dei beni primari (un chilo di pasta è passato da 35 centesimi a 70-80) i napoletani arrivano alla Pignasecca da tutta la città. Pur di risparmiare a tavola massaie, pensionati e single vengono da Posillipo, San Giovanni a Teduccio e zona di piazza Garibaldi. Nel corso di un tour mattutino tra negozi e bancarelle della storica area mercatale sono tante le persone che cercano sconti e ribassi per la spesa quotidiana. Ad aumentare a causa della crisi economica dovuta alla guerra tra Russia e Ucraina, sono soprattutto i beni di prima necessità come pane, frutta e ortaggi. Ogni giorno casalinghe ma anche anziani soli e nuclei familiari con un solo componente arrancano per arrivare a fine mese, con stipendi e pensioni che non bastano a fronteggiare la scure dell'inflazione.

Ecco allora che l'unica possibilità di acquistare a prezzi accessibili tutto ciò che serve per mettere in tavola un menu dignitoso restano i mercati rionali, come quello che abbraccia la zona compresa tra Montesanto e piazza Carità. Nella salumeria "Ai Monti Lattari", che ha sede all'ingresso di via Pignasecca venendo da via Toledo, un chilo di pane costa 2,80 euro: «Noi non abbiamo mai aumentato, questo è il prezzo fisso da mesi», si affretta a spiegare il giovanotto dietro al bancone.

In tutto il mercato la cifra si mantiene più o meno la stessa, facendo un giro tra i vari panifici.

«Si va dai negozi dove il pane costa 2,40 euro al chilo come da noi, ai 2,80 di altri nella stessa zona o ai 3,50 euro della provincia», come spiega Biagio Grimaldi, panettiere di via San Liborio. Nel suo laboratorio il fornaio 61enne, che ha iniziato questo mestiere a soli 7 anni e fa parte dell'associazione di panificatori Unipan («abitavo ai Quartieri Spagnoli - racconta - e quando morirono i miei genitori dovetti darmi da fare per sopravvivere. Ho ancora un occhio di pernice sotto il piede, perché andavo a vendere il pane con le scarpe bucate, ma lo conservo gelosamente in ricordo dei sacrifici fatti»), ha mantenuto lo stesso prezzo da un anno. «La farina ha subito uno sbalzo enorme - dice - da 40 euro al quintale è passata a 70, ciò nonostante lavoriamo ancora il pane con il lievito madre fatto ieri e cotto oggi perché badiamo alla qualità. Finanche per una rosetta, che vendiamo a 25 centesimi».

Video

Un'altra nota dolente in termini di prezzi riguarda gli aumenti di frutta e verdura, per cui ci si addentra nei vicoli dei mercatini del centro a caccia della super offerta. «I ricchi, i poveri e i disoccupati possono mangiare da me»: in via Pignasecca ad attirare con slogan accattivanti chi è in cerca di ribassi è uno storico fruttivendolo come Giuseppe Fungillo, dove le pesche gialle costano 1,50 euro al kg contro i 3,50 ad esempio della zona di Santa Teresa degli Scalzi. Sempre da lui per i pomodorini datterini dalla forma piccola e ovaleggiante («abbiamo anche i corbarini, che sono di elevata qualità e tipici delle colline di Corbara, dell'agro Sarnese-Nocerino e dell'area Pompeiana-Stabiese», spiega) si spende 1,60 euro al kg contro i 4 euro di altri esercenti in piazza Pignasecca o i 6 euro dei supermercati circostanti. Ancora più basse sono le offerte di un ambulante "a tempo" come Lucio Sereto, che con la sua bancarella occupa il lunedì lo spazio lasciato libero da altri e vende le pesche gialle a ben 1,50 euro per 2 kg. Prezzo stabile e conforme a tutti quello per l'anguria: un euro al chilo.

A risentire degli effetti dei rincari pizzerie e ristoranti, come spiegano i titolari di due noti locali Paolo Surace di Mattozzi e Giovanni Improta del "22": aumenti per le materie prime come olio, farina, pelati e pasta fino al 25% e di conseguenza anche loro hanno dovuto aumentare i prezzi al tavolo e da asporto (una pizza da 7 euro è passata a 10 se ci si siede per consumarla).

«Sono diminuiti i clienti anche per l'asporto - dice Improta - mentre chi veniva a mangiare la pizza due volte a settimana adesso lo fa solo una volta. Teniamo conto che una spesa che prima era di 10 euro anche per noi oggi è salita a 18». Gli fa eco Surace: «Fino a ieri una famiglia di quattro persone consumava una pizza a testa, oggi da noi ne viene uno su quattro. Tutto è aumentato, energia elettrica, fitti e il napoletano medio non ce la fa. Anche se l'asporto è quello che ci costa di più e abbiamo dovuto aumentare i prezzi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA