Sgominata la gang dei cavalli di ritorno, la regola del 10%: «Mi devi dare altre quattro carte»

Sgominata la gang dei cavalli di ritorno, la regola del 10%: «Mi devi dare altre quattro carte»
di Marco Di Caterino
Mercoledì 6 Febbraio 2019, 07:00
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Le parole magiche dell'organizzazione dei cavalli di ritorno del Rione Salicelle erano due: «l'imbasciata» e «il dieci per cento». La prima, nel gergo dialettale della holding, stava a significare che c'era un'auto rubata e pronta a essere riconsegnata dietro pagamento del riscatto. La seconda invece sintetizzava in percentuale la somma che le vittime dovevano pagare per riavere il maltolto. E con fare scientifico questi criminali, la cui frenetica attività ha generato un fortissimo allarme sociale, aveva messo a punto tre fasce di prezzo per il riscatto. In quella più bassa, comprensiva di vecchie carriole dal valore di mercato dell'usato inferiore o pari a quattromila euro, il cavallo di ritorno costava alle vittime, al massimo quattrocento euro. Nella seconda fascia le auto con meno di cinque anni e i furgoni commerciali, per i quali era stata imposta una tariffa oscillante tra i tre e i cinquemila euro. Al top di questa classifica i suv, e in particolare quelli della Land Rover, il cui modello base costa senza tanti optional poco più di 50mila euro. Tariffe e regole imposte proprio da Salvatore Palmentieri, il ras riconosciuto del sistema dal cavallo di ritorno, e punto unico di riferimento dell'intera organizzazione, tanto che nonostante fosse agli arresti domiciliari per il magistrato aveva trasformato la sua abitazione «in una sorta di caserma dei carabinieri e commissariato di polizia dove si portavano notizie di reato imbasciate- quotidiane, ma non per indagini, ma solo per lucrare». Emblematico è l'episodio del furto e del successivo cavallo di ritorno di una Land Rover Evoque. Dunque, vista la fama di «o pucuraro», furono le stesse vittime a rivolgersi a Salvatore Palmentieri, per recuperare la costosissima autovettura. E il ras si attivò all'istante, ignaro che tutto ciò che diceva veniva captato e registrato dalle «ambientali».
 
Stessa cosa per le telefonate, che erano intercettate. Dopo tanti giri, telefonate e contatti, Palmentieri, forte del suo ruolo, riesce a recuperare la vettura e a far contattare il proprietario, che nel frattempo si era rivolto anche agli zingari che lo avevano truffato, intascando 2.500 euro come caparra per la restituzione della Evoque, che non avevano. Surreale il colloquio tra «o pucuraro» e la vittima. «Questa cosa mi è costata molto. Qui servono 18mila euro, per farti riavere la macchina». Il giorno dopo la vittima si ripresenta e rilancia al ribasso: «Ti posso dare solo ottomila euro». Il ras rilancia a sua volta: »Sono pochi, ci devi mettere altre quattro carte (quattromila euro)». La transazione, come hanno accertato le indagini si chiude «con buona pace e soddisfazione di tutti» con dodicimila euro. Uno spaccato assurdo. Le indagini hanno consentito di radiografare tutto il «sistema», che funzionava come un meccanismo bene oleato. Gli inquirenti hanno anche individuato due ragazzini che portavano «l'imbasciata» la loro posizione è al vaglio dei magistrati del Tribunale dei Minori e accertato il ruolo delle tre donne coinvolte nel blitz, che a secondo delle circostanze «lavoravano» come custodi, nascondendo nei cortili delle loro abitazioni le auto appena rubate, o come sentinelle, avvertendo i membri dell'organizzazione dei controlli in atto da parte delle forze dell'ordine. Coinvolto anche il custode di un autoparco di Afragola, che oltre a consentire il parcheggio delle auto «calde», faceva anche da tramite tra le vittime e i componenti dell'organizzazione.
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