Napoli, la terra dei fuochi a Scampia: quattro finiscono in manette

L'organizzazione faceva affidamento su una fitta rete di clienti

Napoli, la terra dei fuochi a Scampia: quattro finiscono in manette
Napoli, la terra dei fuochi a Scampia: quattro finiscono in manette
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 13 Marzo 2024, 23:48 - Ultimo agg. 14 Marzo, 14:27
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“Premiata ditta inquinamento Spa”. Un’indagine della Squadra Mobile di Napoli solleva il velo sugli accordi scellerati che regolavano gli smaltimenti illeciti in quella “terra dei fuochi” che ormai coinvolge anche la città di Napoli. Quattro gli arresti. L’organizzazione specializzata nel distruggere materiale altamente tossico poteva fare affidamento su una fitta rete di clienti, che consegnavano il materiale nel campo nomadi di via Cupa Perillo e pagavano per liberarsi di pneumatici, vecchi elettrodomestici, residui di vernici, materiali plastici e molto altro ancora. Tra i “clienti”, non solo privati, ma anche aziende.

L’inchiesta coordinata dalla Procura antimafia di Napoli ha accertato che nel periodo tra il 2017 e il 2022 il campo rom di Cupa Perillo si è trasformato in un inceneritore che con i suoi fumi ha intossicato l’ambiente: sono stati registrati incendi dolosi di cumuli di rifiuti la cui quantità era certamente non riconducibile a quella normalmente prodotta dagli abitanti del campo.

Scattata l’indagine, la Polizia di Stato ha iniziato ad approfondire e verificare ciò che accadeva nel campo utilizzando sia telecamere nascoste, sia droni e ricorrendo al più tradizionale degli strumenti investigativi: i pedinamenti. È così emerso che l’organizzazione aveva allestito all’interno dell’accampamento un deposito abusivo di rifiuti, anche speciali, sversati sia da privati che da aziende operanti a Napoli ma soprattutto nel suo hinterland.

Ovviamente, i costi di smaltimento di questi materiali era molto più basso rispetto a quello previsto dai percorsi ordinari.

La colonna di autocarri e furgoni che si dirigeva verso Cupa Perillo ogni giorno era lunga e garantiva introiti sostanziosi agli indagati. I rifiuti venivano depositati in modo incontrollato in aree adibite allo stoccaggio; qui avveniva la successiva separazione di metalli e di altro materiale utile, poi rivenduto a terzi, da quelle componenti invece prive di valore economico, che venivano incendiate. Per anni questo sistema ha intossicato l’aria respirata da migliaia e migliaia di residenti nell’area nord di Napoli. Nelle immediate vicinanze dell’“inceneritore” abusivo c’erano anche due scuole, e le investigazioni hanno consentito di accertare anche alcuni furti di pezzi di inferriate e pali in metallo ai danni dei due istituti.

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Intervenendo ieri nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il Capo della Polizia, Vittorio Pisani, ha evidenziato come in un anno siano state denunciate più di mille persone per questo tipo di reati. «La mancanza della capacità di chiusura del ciclo dei rifiuti in Italia, che porta il fenomeno della movimentazione e del trasporto dei rifiuti - ha detto - è un gap strutturale che determina un aumento dei costi e l’induzione alla possibile commissione di reati. Centrare l’obiettivo della chiusura del ciclo consentirebbe quindi la prevenzione di una serie di illeciti ambientali e la prevenzione dal rischio dell'infiltrazione delle organizzazioni criminali».

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