Tribunale di Napoli, intervista a Marco Campora: «Basta restrizioni Covid, i processi devono ripartire»

Tribunale di Napoli, intervista a Marco Campora: «Basta restrizioni Covid, i processi devono ripartire»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 22 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 23 Marzo, 16:43
4 Minuti di Lettura

Vanno eliminate, o comunque ripensate, le misure emergenziali partorite due anni fa, in pieno lockdown, «per ridare slancio al lavoro in Tribunale e all'intera attività giurisdizionale a Napoli». Dunque: «Basta mail di prenotazioni nei vari dipartimenti, sì al libero accesso alle cancellerie. E va anche superato il tetto dei venti fascicoli per giudice monocratico, bisogna superare queste limitazioni, alla luce delle esigenze che emergono in una nuova fase di gestione della pandemia».

Parla a tutto spiano, il presidente della camera penale Marco Campora, a distanza di due anni dallo stop dell'attività forense - ricordate? Marzo del 2020 -, e lo fa in vista della politica di aperture previste su scala nazionale a partire dal prossimo aprile.

 

Presidente Campora, ha scritto al presidente del Tribunale e agli altri vertici dell'ufficio, per chiedere una nuova organizzazione del lavoro dentro e fuori aule e cancellerie? Da dove si dovrebbe iniziare, secondo lei?
«Va superato il regime di prenotazioni per l'accesso alle cancellerie, sia in Tribunale che in Corte di appello.

Adeguarsi ad un periodo diverso rispetto a due anni fa, nel solco di quanto disposto per gli accessi in Procura dal primo settembre scorso dallo stesso procuratore Gianni Melillo».

A cosa fa riferimento?
«Vede, la scorsa estate, c'era stata una richiesta da parte della camera penale al procuratore, che - alla luce delle sue valutazioni - ha accolto le nostre istanze, garantendo il libero accesso degli avvocati in Procura, che è l'interfaccia naturale del lavoro di un penalista. Una misura dettata dalla valutazione delle nuove forme assunte sul territorio dall'emergenza covid e che rispondevano a un mondo - penso in particolare agli avvocati - che era stato pesantemente colpito nei primi mesi della pandemia».

Veniamo alla storia dei processi e alla recente istanza inoltrata ai vertici del Palazzo. Qual è il punto su cui battete?
«Va superato il limite dei venti fascicoli per ogni giudice monocratico. Chiediamo più in generale una migliore organizzazione delle udienze e degli orari di celebrazione delle stesse».

Scusi, ma non esistono già degli orari?
«Esistono fasce orarie in generale, che però non sempre hanno garantito lo svolgimento dei processi. Si procede con tempi morti o sovrapposizioni. Abbiamo comunque assistito a convocazioni di testi che hanno atteso a lungo l'inizio di udienze che sono state poi rinviate; un sistema che poi, in alcuni casi, non ci ha completamente messo al riparo da assembramenti estemporanei».

Dunque, quale potrebbe essere la soluzione?
«Quella avanzata nella nostra richiesta. Eliminare il tetto dei venti fascicoli per giudice monocratico, rimodulare in modo più capillare il sistema delle convocazioni ad orario, per dare finalmente slancio ai processi, anche perché in questi due anni il sacrificio degli utenti e dei colleghi avvocati è stato enorme. Questo distretto non può rinunciare alla celebrazione dei processi».

A cosa fa riferimento?
«I processi vanno fatti. In un tempo congruo, ragionevole, ovviamente rispettando le garanzie dei cittadini. È un problema di democrazia, di tutela delle regole che si deve a un territorio complesso, prima ancora che di economia».

Intanto, la richiesta che lei ha inoltrato ai vertici del Palazzo di Giustizia sembra stridere con quanto viene registrato tutti i giorni negli ospedali cittadini. Purtroppo, dopo un periodo di tregua, si torna a parlare di contagi, di mini ondata, mentre si guarda con una certa ansia alle subintensive che ospitano malati di polmoniti. Non crede di essere in contraddizione con i dati della cosiddetta Omicron due?
«Mi basta notare che tutte le attività, ludiche e culturali, non fanno registrare particolari limiti o restrizioni. Da quanto mi sembra di capire, l'azione del governo è incentrata a riaprire teatri, stadi, cinema, discoteche, alla luce della campagna vaccinale di questi mesi e di una forma di cauto ottimismo nella gestione di un'emergenza, con cui purtroppo siamo costretti a convivere. Non capiamo per quale motivo solo la giustizia debba rimanere ancorata alle limitazioni previste durante il primo lockdown o nella fase peggiore della pandemia, anche alla luce di un uso elastico e flessibile dei nuovi strumenti di comunicazione da remoto».

In che senso?
«Una parte delle attività di cancelleria sono svolte presso gli studi legali, mentre il cuore del nostro lavoro deve essere garantito in presenza, senza più limitazioni, dentro e fuori cancellerie e aule di Tribunale». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA