Eike Schmidt al museo di Capodimonte: «Anche qui serve una Ferragni»

«Napoli è una delle città più ricche di cultura, arte e storia al mondo»

Eike Schmidt
Eike Schmidt
di Maria Pirro
Domenica 17 Dicembre 2023, 08:30 - Ultimo agg. 20:03
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«Sono stato a Napoli, per la prima volta, quando avevo 18 anni. E sono tornato sempre nei musei, e anche in vacanza, tra Ischia e Sorrento. La città è una delle più ricche di cultura, arte e storia al mondo, di straordinaria bellezza. Senza parlare dell'enogastronomia», sorride Eike Schmidt, il neodirettore del museo di Capodimonte, ex numero uno agli Uffizi, con la moglie Roberta Bartoli in visita a «Il Mattino» prima di ripartire per Firenze.

È anche tifoso?
«Lo sono stato, del Friburgo, negli anni Ottanta. Poi finito in serie B, solo di recente è risalito».

Viene nella città dei campioni d'Italia. Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che le ha affidato l'incarico, l'ha paragonata a Osimhen.
«Ho visto diverse sue partite in tv, e anche quelle di Maradona».

Come l'ha convinto?
«Prima ho dovuto convincere la commissione esaminatrice.

Ho sempre detto che Capodimonte ha la seconda più grande collezione dal Medioevo all'800, dopo gli Uffizi: unisce l'interesse per l'arte nazionale e internazionale».

Pensa di applicare qui il «modello Uffizi»?
«Non si può, e non si deve, ogni museo ha le sue caratteristiche. Il mio predecessore Sylvain Bellenger ha già iniziato un bellissimo lavoro di riqualificazione e restauro nel bosco e nel museo che va continuato».

Lo ha sentito?
«Dopo aver fatto gli auguri al mio successore agli Uffizi, Simone Verde. Mi ha invitato a venire al suo saluto, martedì, ma ho un impegno».

La chiamano già il «tedesco napoletano»: perché?
«Un nomignolo di mia moglie, che è di Mantova e più prussiana di me. Talvolta arrivo 5 minuti in ritardo, ma ho una flessibilità manageriale che mi aiuta a cercare una soluzione alternativa, se qualcosa non funziona, ad affrontare le urgenze senza guardare l'orologio, a centrare meglio il risultato».

Non è l'unico con la doppia cittadinanza: c'è il direttore degli scavi Pompei, Zuchtriegel.
«Lo conosco dal 2005, lo stimo».

Zuchtriegel ha una «versione» napoletana e una tedesca. Lei?
«Si cerca sempre di prendere il meglio, non le caratteristiche peggiori. Nel mio caso mi ha formato anche aver vissuto a lungo negli Usa».

Cosa le piace di Napoli?
«Il caffè, la vivacità della città, la grandezza culturale dal classicismo al contemporaneo. Qui gli artisti, e anche le gallerie, rappresentano una realtà più ricca di Firenze, rivolta invece al passato, pur se ho cercato di far dialogare l'antico con il presente, invitando anche artisti non famosi per progetti specifici, collaborando con Palazzo Strozzi».

A Capodimonte c'è già un progetto sul contemporaneo.
«La donazione Rumma e il centro di fotografia di Mimmo Jodice rappresentano un grande impulso: iniziative di Bellenger che mi onorerò di portare avanti».

E però: arriva in un museo poco frequentato, che registra meno di 2.000 visitatori nelle domeniche a ingresso gratuito contro i quasi 10.000 degli Uffizi.
«Amo le sfide. È chiaro che in gran parte si deve a problemi infrastrutturali, nel trasporto. Se gli Uffizi fanno 5 milioni di visitatori all'anno, Capodimonte ne meriterebbe 3 o 4 ma in queste condizioni e in tempi brevi non è pensabile nemmeno un milione. Ci vuole un intervento delle istituzioni, di Comune, Regione e Città metropolitana, che vada oltre il lavoro del singolo direttore. Già nel 700 Winckelmann in visita nelle prime 12 gallerie di Capodimonte, si lamentava delle difficoltà per raggiungere la reggia, che probabilmente sono aumentate, causa traffico».

Qual è il suo obiettivo?
«Non voglio indicarlo anche perché in questa fase molti spazi devono restare off-limits. Ma è fondamentale avere sempre opere importanti e non chiudere mai completamente, sarebbe un disastro: fermare il flusso renderebbe più difficile la ripartenza».

Il museo per due anni sarà cantiere.
«Dal 2006 anche gli Uffizi lo sono, ma senza stop, a parte il lockdown».

Ora le opere principali sono al Louvre. È favorevole ai prestiti?
«Agli Uffizi li ho implementati senza dare mai i capolavori in giro per il mondo, piuttosto mostre su temi specifici, selezionando opere da restaurare nei depositi in modo da favorire le scoperte scientifiche. Le prossime esposizioni saranno in Cina, Stati Uniti e Hong Kong».

Immagina una Ferragni a Napoli?
«Se la invitassi ora, qui, non avrebbe lo stesso impatto comunicativo ma pensare quale attore, cantante, giovane creator possa venire, questo sì. Social e sito web vanno sviluppati, ci sono ancora troppi pochi contenuti e gruppi per i ragazzi».

Quando prenderà servizio?
«A gennaio».

Ha sentito il sindaco Manfredi?
«Sì, mi ha fatto gli auguri in mattinata».

Come saranno i suoi rapporti con la politica, qui governa dal centrosinistra?
«Ci ho già lavorato a Firenze, per molti anni, io mi vedo come centrista aristotelico e non ho preclusioni. Ho conosciuto bravi politici di ogni partito, e anche il sindaco di Napoli: non vedo l'ora di lavorare insieme».

E la sua possibile candidatura a Firenze in quota centrodestra?
«Non la escludo, ma ci rifletterò a gennaio, guardando il Vesuvio, dopo aver preso servizio. Molti miei colleghi del mondo universitario hanno insegnato alla Federico II e hanno mantenuto casa a Firenze: è molto più fattibile che in passato. Non sarei l'unica persona a fare questo». 

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