PORDENONE - Mentre aumentano a vista d’occhio le lettere firmate dal Dipartimento di prevenzione dell’AsFo indirizzate agli operatori sanitari residenti in provincia che non si sono vaccinati, si complica e non di poco la strada verso la sospensione. Con il rischio che una “operazione modello” si trasformi in qualcosa di meno “potente”. Il dado, infatti, non è affatto tratto, almeno per i dipendenti dell’Asfo. La motivazione è semplice, ma farà discutere: senza il personale che sarebbe sospeso, si rischierebbe di non riuscire a garantire i servizi, soprattutto quelli domiciliari. E quindi? Si cercherà, in forma preliminare, la strada “media”. Il personale non vaccinato sarà “inviato” dal proprio medico, il quale tenterà lo spostamento di mansione o in seconda battuta imporrà delle rigide prescrizioni, come l’uso costante di una mascherina di qualità o altre forme di distanziamento. Ma al momento non sarà sospensione immediata, contrariamente a quanto si pensava.
IL QUADRO
Ieri le lettere di richiamo del Dipartimento di prevenzione sono aumentate. Sfiorano le 200 missive. Ci sono ad esempio altri infermieri, per un totale di 58 persone. Ma anche medici, con il totale che ha raggiunto i 16 professionisti.
LA PROCEDURA
Poi ci sono gli ordini. Anche quello dei medici, ieri, ha annunciato un Consiglio per prendere provvedimenti. Ma ad esempio, gli operatori socio-sanitari non hanno un ordine professionale di riferimento. E quindi dev’essere il datore di lavoro a procedere. Ed è scattato anche l’allarme dei sindacati. Così Benvenuto Cgil: «Il sistema rischia di andare in crisi per la carenza di personale».