Export, su 52 prodotti tutelati solo 4 del Sud, nessun olio o vino

Export, su 52 prodotti tutelati solo 4 del Sud, nessun olio o vino
di Marco Esposito
Venerdì 28 Luglio 2017, 23:55 - Ultimo agg. 29 Luglio, 16:16
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 I vini tutelati da imitazioni? Sono quattordici e tutti del Centro e del Nord Italia. Gli oli d’oliva a marchio protetto? Sono tre e tutti del Veneto. Il pomodoro San Marzano, i limoni di Sorrento, la pasta di Gragnano? Non pervenuti. Negli accordi commerciali di libero scambio tra Unione europea e Canada da un lato e Cina dall’altro l’Italia è riuscita a inserire decine di prodotti d’origine protetta, 52 sommando i due elenchi, ma con uno squilibrio territoriale fortissimo visto che quasi tutti i prodotti che saranno a marchio garantito e riconosciuto in Canada o in Cina sono padani o al più toscani.


L’intero Sud deve accontentarsi della mozzarella di bufala campana e di tre prodotti siciliani: il pomodoro di Pachino, l’arancia rossa e i capperi di Pantelleria. Nei due elenchi non c’è un solo prodotto meritevole di tutela della Puglia, della Calabria, della Basilicata, del Molise. Il caso più clamoroso è quello dell’olio extravergine d’oliva. Negli accordi con il Canada (chiamati in sigla Ceta), lo stato nordamericano si è impegnato a riconoscere quattro denominazioni per la Grecia, quattordici per la Spagna che è il primo produttore mondiale, una per la Francia, sei per il Portogallo e appena tre per il nostro Paese, nonostante dopo gli iberici l’Italia sia il secondo produttore del pianeta. E i tre dop riconosciuti - guarda caso - sono gli unici tre oli dop del Veneto: Valpolicella, Euganei-Berici e delle colline del Grappa. Guarda caso nel 2009, al momento d’avvio delle trattative Ue-Canada per il Ceta, il ministro delle politiche agricole italiano era il veneto Luca Zaia che nel 2010 ha passato la mano al conterraneo Giancarlo Galan. E così il Veneto, quindicesima regione italiana per produzione (un ventottesimo rispetto alla Campania, un 143° della Puglia) potrà esportare in Canada olio d’oliva in condizioni di favore rispetto al resto d’Italia, che soffrirà delle possibili imitazioni. Situazione analoga per i vini, non presenti nell’intesa tra Ue e Canada perché i nordamericani hanno preferito mantenere il sistema di restrizioni dei singoli Stati sulle bevande alcoliche, ma ben rappresentati negli accordi in via di sottoscrizione con la Cina, i quali riguardano 200 prodotti agroalimentari europei, di cui 54 sono etichette di vino, di cui 14 italiane. Nell’elenco spiccano le cinque etichette del Piemonte, seguite da quattro della Toscana e tre del Veneto. Presenti anche Lombardia e Abruzzo. Nulla per Sicilia, Puglia, Campania. Addirittura tra i marchi tutelati c’è il generico Igt «vino di Toscana».


Di fronte ad accordi così sbilanciati a sfavore del Mezzogiorno, però, sta crescendo un’opposizione in Parlamento, che si somma ad altre perplessità sull’apertura piena dei mercati. Il quadro mondiale è in evoluzione, anche come risposta alla svolta protezionista degli Usa. L’intesa Ue-Cina è alle battute conclusive e sulla sua falsariga si è avviata una analoga trattativa di libero scambio tra Ue e Giappone. Il Ceta, l’accordo con il Canada, è invece definito nei minimi dettagli in 1.598 pagine. L’intesa riguarda tutto l’import-export tra Canada e Unione europea con l’obiettivo di abbattere le restrizioni doganali senza danneggiare la qualità dei prodotti e le garanzie sindacali. Anche se nell’insieme dell’intesa quella sui prodotti della terra è economicamente secondaria, la sua stesura ha comportato le maggiori difficoltà, con trattative preliminari che si sono protratte dal 2009 al 2014. L’intesa Ceta è stata approvata dal Parlamento europeo il 15 febbraio di quest’anno ma, per essere completamente operativa, deve ricevere il via libera di tutti i parlamenti nazionali dell’Unione europea.


L’Italia sembrava pronta a essere la prima a ratificare, ma il Senato ha rinviato la discussione a settembre mentre alla Camera il tema non è ancora in calendario.
E nel Paese crescono le perplessità con Condiretti, Slow Food, AcliTerra, Cgil e le sigle ambientaliste in prima fila. Tra i parlamentari, è nato un comitato intergruppo «No Ceta» per iniziativa del deputato campano di Forza Italia Paolo Russo e della senatrice pugliese del Pd Colomba Mongiello. «Senza pregiudizi di parte o di bandiera e al solo fine di non mortificare l’Italia e le sue risorse - hanno scritto ieri Russo e Mongiello in una lettera ai colleghi parlamentari che nelle prime ore ha raccolto una ventina di sottoscrizioni - rispondi “aderisco” a questa mail. Fin dalle prossime ore potremo mettere insieme una piattaforma di discussione a salvaguardia della competitività delle attività economiche e agricole del nostro Paese».
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