La Regione frena sulle ecoballe: Acerra blocca gli arrivi da Eboli

La Regione frena sulle ecoballe: Acerra blocca gli arrivi da Eboli
di Paola Perez
Lunedì 3 Novembre 2014, 23:22 - Ultimo agg. 23:37
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Nel rimpallo di ecoballe da una provincia all’altra - oltre diecimila tonnellate in viaggio da Eboli ad Acerra per l’incenerimento, accompagnate da polemiche e proteste - la Regione prova a mettere una pausa. L’obiettivo è stemperare la tensione e, insieme, rassicurare i cittadini sulla tutela della salute pubblica. Il trasferimento dell’immondizia si ferma in attesa di una riunione chiarificatrice, già fissata per domani nella sede dell’assessorato all’ambiente: un tavolo tecnico nel quale saranno offerte «le più ampie garanzie» sulla non pericolosità dell’operazione, che si spera poi possa riprendere senza turbolenze.



Le barricate. Già domenica sera, mentre i camion procedevano verso il termovalorizzatore, comitati ambientalisti e «mamme coraggio» hanno cominciato a posizionarsi davanti ai cancelli dell’impianto per evitare il deposito del materiale. Nelle stesse ore il sindaco di Acerra Raffaele Lettieri era sul posto per controllare, con i vigili urbani, che sul territorio di sua competenza non facessero ingresso sostanze killer. Il cordone di protesta era ancora in piedi ieri mattina, e già si respiravano venti di guerra (la settimana scorsa era andato in scena l’assalto al municipio) quando è arrivata la notizia della tregua.



L’incontro. Pace fatta, almeno per adesso. Un gruppo di manifestanti, ricevuto dal prefetto Francesco Musolino, è uscito dal palazzo di governo con una certa soddisfazione: argomento della discussione i roghi tossici, che purtroppo non accennano ad esaurirsi, e l’opportunità di istituire un registro di «sentinelle» volontarie a guardia dei focolai e dei piromani.



Il problema. Su tutto pesa il disagio di cinque milioni e mezzo di tonnellate di ecoballe, «pacchettoni» di spazzatura sparsi un po’ dovunque sul territorio regionale e in attesa di trasformarsi in cenere. Le ospitano 27 siti di stoccaggio. Otto di questi parcheggi, quelli cosiddetti «provvisori» a dispetto di un’esistenza immutabile negli anni, hanno accolto l’immondizia nelle stagioni dell’emergenza: circa 45mila tonnellate. E nell’affanno di quei giorni - come molti sospettano e denunciano - potrebbero aver custodito confezioni di rifiuti non conformi per qualità al successivo passaggio nel termovalorizzatore. In altre parole, materiale non accuratamente selezionato per bruciare senza produrre fumi tossici. Alcuni siti provvisori - come Ferrandelle in provincia di Caserta e gli sversatoi sul versante vesuviano nel comune di Ercolano - sono già liberati del loro carico. Ora toccava a Coda di Volpe, Eboli (Salerno), con grande gioia dei residenti. Oltre 10mila e 700 tonnellate di ecoballe da spazzare via. Punto d’arrivo sempre lo stesso, l’unico inceneritore campano: Acerra. Che ha sempre ingoiato tutto senza fiatare. I cittadini, però, cominciano a sentire odori strani. E si dicono stufi di pagare l’intero prezzo del disastro ambientale. Un termometro del disagio salito a livelli troppo alti perché non fosse necessario imporre uno stop, sia pure a termine, sia pure soltanto per respirare, sedersi intorno a un tavolo, provare a riflettere insieme sui pericoli reali e quelli immaginari.

Sacerdoti contro. In questa giostra di spazzatura la chiesa scende in campo spesso e volentieri. Ogni pastore d’anime difende la sua gente. Il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, ha condito l’omelia dei defunti con accenti infuocati, chiedendo lo stop ai camion provenienti dalla provincia di Salerno: «Fermiamo i signori della morte che vogliono fare di questa città uno scarto», tuonava, snocciolando come in un rosario i nomi dei bambini uccisi dal cancro. Sull’altro fronte don Daniele Peron, il parroco di San Nicola in San Vito al Sele di Eboli. Sei anni fa capeggiava la rivolta dei residenti contro lo stoccaggio delle ecoballe, che nonostante tutto sono arrivate e sono rimaste. Oggi, mentre finalmente le vede caricate sui camion e partire per l’inceneritore, subisce un colpo di freno inaspettato. E reagisce cercando un’intesa: «Ho sentito al telefono il vescovo Di Donna - racconta - capisco che lì la gente è esasperata, ma posso garantire che le nostre ecoballe non contengono rifiuti tossici o pericolosi. Lo attestano le analisi dell’Arpac, non capisco perché il risultato degli accertamenti non venga reso pubblico».



Il ricorso. Acerra piange il suo ruolo di bruciarifiuti universale, ma Giugliano non ride e si rivolge alla giustizia amministrativa per scongiurare l’ipotesi di ospitare un termovalorizzatore. Il Comune, commissariato, ha dato mandato ai suoi legali di presentare ricorso al Tar contro il bando di gara per la realizzazione dell’impianto. L’atto, come si legge in una nota, mette in discussione «i profili di legittimità costituzionale del decreto legge che ha individuato Giugliano» come sede dell’impianto, atteso che «la normativa d’urgenza contrasta con una precedente legge che, tenuto conto della peculiare condizione del territorio giuglianese, vietava la realizzazione di ulteriori siti se non previa bonifica ambientale».



L’incendio. Mentre si discute sugli inceneritori c’è chi la spazzatura continua a mandarla in cenere, senza scrupoli e senza controllo, in barba a qualsiasi legge di tutela ambientale e sanitaria. L’ultimo rogo di una certa entità si è sviluppato domenica sera nel sito di trasferenza del Comune di Ottaviano. Trecento metri quadri pieni di mobili, elettrodomestici e altro materiale ingombrante. Ora un deserto di cenere e detriti.

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