Giuseppe Crimaldi
Ci sono anche il governatore della Campania Vincenzo

Giuseppe CrimaldiCi sono anche il governatore della Campania Vincenzo
Sabato 21 Novembre 2015, 10:29
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Giuseppe Crimaldi
Ci sono anche il governatore della Campania Vincenzo De Luca e un magistrato tra gli indagati nell'inchiesta aperta dalla Procura di Roma, la stessa che vede coinvolto Carmelo Mastursi, l'ex capo della segreteria politica del presidente della giunta regionale dimessosi sabato scorso dall'incarico. Vicenda complessa e delicata, oggi ancor più di ieri nel momento in cui dal fittissimo riserbo degli inquirenti emerge che sono ben sette i nomi iscritti dai pubblici ministeri della Procura di Roma nel registro degli indagati.
Oltre a De Luca, le indagini investono così il magistrato Anna Scognamiglio, in servizio presso il Tribunale civile di Napoli e relatore della sentenza con cui i giudici confermarono il reintegro del neogovernatore rinviando gli atti alla Corte Costituzionale, sollevando quattro dubbi di costituzionalità rispetto agli effetti della legge Severino (che prevede la sospensione per chi abbia riportato una condanna in primo grado); suo marito, l'avvocato Guglielmo Manna, attualmente presidente del Comitato unico di garanzia dell'ospedale pediatrico Santobono; e poi ancora, oltre naturalmente a Carmelo Mastursi: Giuseppe Vetrano, già coordinatore delle liste De Luca ad Avellino e due infermieri che lavorano al Santobono, Gianfranco Brancaccio e Giorgio Poziello.
Ma procediamo con ordine cercando di ricostruire il contesto in cui è maturata l'inchiesta che ipotizza a vario titolo i reati di concorso in concussione per induzione e rivelazione del segreto d'ufficio. Tutta la vicenda nasce e ruota intorno ad un presunto rapporto tra l'avvocato Manna e l'ex capo della segreteria di De Luca. Il primo cerca insistentemente un contatto con Mastursi, e ad agevolarlo sarebbero intervenuti - secondo l'accusa - gli infermieri e Vetrano. A dimostrarlo ci sarebbero anche alcune intercettazioni telefoniche acquisite al fascicolo.
Le intercettazioni, appunto. A quei colloqui i pubblici ministeri romani titolari del fascicolo, il procuratore aggiunto Francesco Caporale e i due sostituti Corrado Fasanelli e Giorgio Orano, attribuiscono evidentemente una grande importanza probatoria: al punto da avere disposto alla fine della scorsa settimana una perquisizione anche in casa e presso l'ufficio in regione di Mastursi. Gli agenti della Squadra mobile, che hanno eseguito su delega la perquisizione, hanno così acquisito il telefonino cellulare del capo della segreteria di De Luca ed un personal computer. Due oggetti che vengono in queste ore passati al setaccio dagli investigatori: dai tabulati, dal registro delle chiamate e anche da alcuni sms potrebbero giungere conferme significative all'impianto accusatorio. Nessuna conferma ufficiale arriva invece dalle indiscrezioni che pure erano circolate nel corso di una di quelle perquisizioni: e cioè quella che i poliziotti avrebbero scoperto una dose di cocaina.
Ma torniamo all'inchiesta. Dagli atti emerge che, una volta riuscito ad entrare in contatto con il capo della segreteria del governatore, il marito del giudice Scognamiglio avrebbe chiesto a Mastursi un incarico, una nomina prestigiosa, a quanto pare sempre nell'ambito della sanità pubblica regionale: prospettando in cambio un esito favorevole del giudizio in questione che vedeva impegnata nel collegio della prima sezione civile del Tribunale sua moglie. Intercettato in una conversazione telefonica avuta con lo stesso Mastursi nell'ambito di altra indagine in corso, il professionista avrebbe promesso - probabilmente millantando pressioni sulla moglie che era relatrice della importante pronuncia che venne depositata poi il 22 luglio dai giudici del Tribunale di Napoli - la conferma del primo giudicato favorevole a De Luca, emesso il due luglio con procedura di urgenza da altro magistrato.
Quella conversazione (che viene ascoltata e registrata dai poliziotti della Squadra mobile di Napoli della sezione Reati contro la pubblica amministrazione) finisce così in una informativa che arriva in Procura. A quel punto all'ufficio inquirente guidato da Giovanni Colangelo non resta altro da far che trasmettere gli atti a Roma per competenza funzionale. Proprio perché di mezzo c'è un magistrato in servizio nel distretto giudiziario partenopeo.
È in quella richiesta tesa ad ottenere un incarico - con la conseguente prospettazione di “favorire” il ricorso di De Luca contro la Severino davanti ai giudici ordinari - che si consumerebbero le ipotesi di reato. Ipotesi che - lo ricordiamo - restano tali soprattutto per quel che riguarda la posizione di Vincenzo De Luca, almeno stando ai fatti: anche perché va anche detto che nessun incarico è stato poi realmente affidato all'avvocato Manna. Le informazioni di garanzia non rappresentano un'anticipazione di condanna, ma sono sempre strumenti che offrono agli indagati la possibilità di difendersi. Per questo anche la qualificazione del reato di concussione per induzione esprime la prudenza degli inquirenti romani coordinati dal procuratore Giuseppe Pignatone, giacché è evidente che l'ipotesi introdotta dalla riforma Severino configura una nuova figura che fa riferimento a una “indebita induzione a dare o a promettere denaro o altra utilità” (disciplinata dall'articolo 319-quater del codice penale).
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