L'Italicum è legge, strappo Pd Renzi: «Promessa mantenuta»

L'Italicum è legge, strappo Pd Renzi: «Promessa mantenuta»
Martedì 5 Maggio 2015, 03:18
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Sonia Oranges
ROMA. L'Italicum è legge. Ieri, a Montecitorio, l'ultimo voto sulla nuova legge elettorale grazie alla quale, nel progetto del presidente del Consiglio Matteo Renzi, «per cinque anni sarà chiaro il governo, chi vince» e che «è precondizione per l'innovazione economica». A ridurre i tempi del voto finale ci hanno pensato le stesse opposizioni, i cui capigruppo si sono riuniti in mattinata per elaborare una strategia comune: ritiro degli ordini del giorno da discutere (erano 65), richiesta del voto segreto, abbandono dell'aula al momento del voto. L'Aventino, insomma.
«Lasciamo al Pd tutte le sue contraddizioni, affinché sia chiaro al Paese che Renzi non ha neanche la maggioranza del suo partito. Il presidente della Repubblica dovrà meditare, come la Corte costituzionale e l'intero corpo elettorale, perché è nostra intenzione chiedere un referendum abrogativo semmai questa legge dovesse essere approvata», ha ribadito il presidente degli azzurri Renato Brunetta, consegnando alla maggioranza il messaggio delle opposizioni: questa riforma ve la voterete da soli e vi conterete nel segreto dell'urna. Una strategia che è stata mal digerita da una parte dei forzisti, soprattutto dai verdiniani ancora convinti della bontà del Nazareno, e già ribattezzati «franchi sostenitori» in occasione del voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità.
Che, costretti fuori dall'aula per rispettare la linea del partito, nell'assemblea del gruppo hanno contestato la scelta concordata da Brunetta con i colleghi di Sel, Lega, Fratelli d'Italia e dei grillini, pure loro costretti all'Aventino dal voto segreto, «così vedremo come se la cava il presidente del Consiglio con i numeri», ha spiegato Danilo Toninelli, al momento delle dichiarazioni di voto.
Sciolta la prognosi delle opposizioni, si è risolta anche quella della minoranza piddina che, certa di non causare un possibile «default» della maggioranza, è rimasta in aula e ha votato no.
Di ben altro avviso, la maggioranza renziana: «Oggi diamo valore alla nostra coerenza, così da dare risposte agli impegni presi», ha dichiarato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, annunciando il sì del suo gruppo. Al netto dei dissidenti. Che però, alla verifica dei numeri, sono stati più dei 38 che la scorsa settimana hanno disertato i voti di fiducia. Ai 334 voti a favore del voto finale e segreto, infatti, sono corrisposti 61 contrari e 4 astenuti. «Si è approvata la legge elettorale con meno della maggioranza», ha sottolineato l'ex capogruppo Roberto Speranza, dimessosi in aperto dissenso con la maggioranza. E Pier Luigi Bersani: «Il dato politico sulle dimensioni del dissenso, è non poco rilevante». Un dato che, però, non preoccupa Ettore Rosato, vicecapogruppo vicario: «C'è stata la tenuta della maggioranza, che è stata ampia e rappresenta il punto di rilancio dell'azione di governo». Anche grazie all'appoggio dei gruppi più piccoli, come Scelta civica che ieri rivendicava: «Senza di noi la maggioranza alla Camera non c'è».
Distinguo che non hanno sbiadito la soddisfazione della ministra delle Riforme Maria Elena Boschi con cui, all'esito del voto, si sono congratulati gli altri ministri, primo fra tutti il leader di Ncd Angelino Alfano. «Missione compiuta. Il governo ha mantenuto l'impegno», ha esultato la ministra. Convinta che il capo dello Stato Sergio Mattarella, «siccome è un costituzionalista», firmerà l'Italicum.
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