Chiara Ferragni, arriva la legge: compensi da dichiarare se si chiede la beneficenza, ecco come funziona

Obbligo di trasparenza per i testimonial che nelle pubblicità annunciano donazioni. Andrà indicata la quota dei proventi destinati alla causa che si sostiene

Chiara Ferragni, arriva la legge: compensi da dichiarare se si chiede la beneficenza, ecco come funziona
Chiara Ferragni, arriva la legge: compensi da dichiarare se si chiede la beneficenza, ​ecco come funziona
di Francesco Bechis e Andrea Bulleri
Venerdì 5 Gennaio 2024, 22:27 - Ultimo agg. 6 Gennaio, 08:32
4 Minuti di Lettura

Qualcuno, nei corridoi tra Montecitorio e Palazzo Chigi, l’ha già battezzata come la “legge Ferragni”. E il perché non è difficile da immaginare: il provvedimento, in gestazione nella maggioranza, nasce sulla scorta del pandoro-gate che ha travolto l’influencer da 29 milioni di follower, multata dall’Antitrust insieme alla Balocco per aver «fatto credere» che una parte dei proventi del dolce natalizio griffato (e dal prezzo maggiorato) sarebbero finiti all’ospedale Regina Margherita di Torino. Che invece una donazione, da 50mila euro, l’aveva già ricevuta, a fronte di un compenso per Chiara Ferragni da un milione. Ed ecco l’obiettivo che si sono dati dentro Fratelli d’Italia: rimettere ordine nel “far west” della beneficenza. E – soprattutto – impedire a monte pratiche commerciali scorrette e campagne di marketing allusive per promuovere cause che di benefico, a conti fatti, rischiano di avere ben poco.

Chiara Ferragni, schiaffo di Coca Cola: «Non useremo i contenuti girati». Fermato lo spot con l'influencer

Trasparenza

L’annuncio della legge in cantiere l’ha dato la stessa Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa dell’altro giorno: «C’è una questione di trasparenza sulla beneficenza su cui forse bisogna lavorare», ha detto la premier, decisa a evitare che «il caso singolo» finisca per impattare negativamente (come sembra stia già avvenendo) sulle realtà del Terzo settore che invece operano con serietà in un ambito «fondamentale». Ecco perché, per Meloni, «capire quali sono oggi le regole di trasparenza ed eventualmente immaginarne di migliori potrebbe essere utile per tutti». 
La premier, a quanto risulta, già nei giorni scorsi ha mobilitato gli uffici del governo chiedendo «un’informativa» sul tema. E sia al ministero del Lavoro che a quello dell’Economia, che hanno un ruolo diretto in tutto ciò che riguarda il Terzo settore, si sono messi all’opera. Evidenziando una serie di criticità nella normativa attuale. Perché alcune leggi già esistono certo. Come quella del 2019 che impone a fondazioni e onlus di rendere noti i contributi ricevuti nell’anno precedente da enti o amministrazioni pubbliche. Ma nonostante la sanzione prevista per i trasgressori ammonti fino all’1% dell’intera donazione, l’impressione – a scorrere le pagine web di molte associazioni benefiche – è che la previsione sia rimasta almeno in parte lettera morta. 
Ecco perché la maggioranza ora vuole correre ai ripari. Mettendo a punto una legge che in sostanza imponga a chi dichiara di fare beneficenza (in primo luogo ad aziende e società, che in virtù della causa benefica sposata potrebbero veder aumentare le proprie vendite) di rendere note quelle cifre. E di farlo scendendo nel dettaglio. 
Tra le idee al vaglio c’è quella di far sì che venga specificato se la somma da devolvere è già stata arbitrariamente fissata (e magari già elargita) oppure se essa dipenda in qualche misura dall’andamento delle vendite.

E, in quest’ultimo caso, quale percentuale dei guadagni verrà destinata alla causa in questione. Faro anche sulle sponsorizzazioni: l’intenzione, in sostanza, è quella di rendere noto al consumatore se l’eventuale partnership con un testimonial che presta la propria immagine per lanciare il prodotto in questione (come potrebbe essere, appunto, un influencer) sia o meno retribuita. Indicazioni, queste, che in caso di un prodotto venduto “a scaffale” potrebbero anche finire nell’etichetta, forse con un asterisco lì dove si specifica che una parte del ricavato verrà devoluta in beneficenza. 

 

Meloni: «Chiara Ferragni? Per la sinistra sembrava avessi attaccato Che Guevara»

I rendiconti

Di certo i numeri dovranno essere rendicontati, conoscibili e disponibili per tutti i consumatori, magari sul sito web dell’azienda che promuove la campagna. Un po’ come avviene per i finanziamenti a partiti e fondazioni politiche. Questione, appunto, di «trasparenza», visto che il caso del pandoro “griffato” Ferragni non sembrerebbe un caso isolato (la stessa influencer, madrina delle società Fenice e TBS Crew, è finita sotto la lente della procura di Milano anche per le uova di Pasqua “brandizzate”, legate a una campagna di beneficenza per raccogliere fondi da devolvere ai bimbi malati). 

© RIPRODUZIONE RISERVATA