I battiti del cuore scendono a 50, le forze non ci sono più. La solidarietà vissuta come un flagello astruso, il mondo intorno inghiottito da indifferenza e pregiudizi. «Stavo morendo, non avevo la forza di chiedere aiuto e intanto sentivo gente che mi gridava “brutto tossico”, ragazzini che ridevano mentre dicevano “famoje un video, e mettiamolo online”». Disteso sul marciapiede, quasi incosciente, per più di un’ora. «Sentivo in lontananza quelle voci, i passi che poi acceleravano». “Andiamo via, potrebbe essere pericoloso” la frase di una giovane coppia. C’era chi diceva che fosse un clochard, un balordo. Poi è arrivato l’angelo. «Una donna mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, se poteva chiamare il 118 e le ho fatto segno di sì». L’incubo sta per finire: le sirene dell’ambulanza, l’aiuto fondamentale dei soccorritori e poi altre grida, stavolta di aiuto. “Marco! Marco! Resta con me”. «Mi sono svegliato mentre mi stavano facendo una tac cerebrale, l’operatrice che mi chiedeva di restare sveglio e gridava con forza il mio nome».
Roma, ha un malore, si accascia e muore in strada: il dramma al Tufello
IL RISVEGLIO
Ora Marco Di Gregorio, 47 anni, sta bene.
LA DISPERAZIONE
«È stato tremendo sentire quelle voci che mi disprezzavano senza neanche conoscermi, non bevo, non fumo, sono anche un donatore di sangue e la mia storia serve a far capire che non si può ignorare una persona che sta male». Dopotutto Marco non solo è donatore di sangue, ma ha seguito dei corsi di primo soccorso e non si è mai tirato indietro quando c’era bisogno di aiutare. Rabbia per chi lo ha denigrato ed enorme riconoscenza non solo per la donna che ha chiamato i soccorsi. «Ringrazio infinitamente gli operatori del 118, sono stati gentilissimi e bravissimi così come i medici dell’Aurelia Hospital nel quale sono stato portato e mi hanno detto che ho avuto una sincope».
laura.bogliolo@ilmessaggero.it