Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per choc settico: tre medici verso il processo

La procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio di tre medici accusati di omicidio colposo

Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per shock settico: chiesto rinvio a giudizio per 3 medici
Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per shock settico: chiesto rinvio a giudizio per 3 medici
di Erika Chilelli
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 20:04 - Ultimo agg. 25 Febbraio, 08:48
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Morta per shock settico tre mesi dopo aver rimosso un calcolo chirurgicamente: la sacca di drenaggio inserita dai medici si è infettata e non è stata cambiata. Per il decesso di Antonietta, 67 anni, avvenuto a dicembre del 2020 la procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio di tre medici della clinica privata "Sant'Anna" accusati di omicidio colposo. 

L'INTERVENTO
Il 17 settembre del 2020 la signora Antonietta si reca presso la clinica privata di Cassino per rimuovere un calcolo ureterale di 6 millimetri che le blocca il tratto urinario.

Le è stato detto in precedenza, dal medico che esegue la procedura, che la scelta migliore è sottoporsi ad un intervento chirurgico: e, così, quella mattina le viene praticata una nefrostomia. La procedura va bene e una volta inserito il drenaggio può tornare a casa. 

I CONTROLLI
Tutto sembra andare per il meglio anche nel corso delle due visite di controllo post-operatorio: il calcolo, infatti, come accertato in un'ecografia e in un esame TC è stato rimosso ed entrambe le dottoresse che eseguono gli esami le prescrivono solamente una scintigrafia. Il percorso di guarigione, però, a novembre si interrompe all'improvviso e la 67enne inizia a stare male ed avere la febbre alta. Antonietta ha sviluppato un'infezione delle vie urinarie, ma viene scoperto troppo tardi e il 9 dicembre del 2020, a tre mesi dall'intervento, ha un'insufficenza multiorgano e muore a causa di uno shock settico. Un decesso sul quale i figli della vittima, fin da subito, hanno voluto vederci chiaro.

LE INDAGINI 
Il caso è così approdato alla procura di Cassino dove a coordinare è stato il sostituto procuratore Chiara D'Orefice che ha iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio colposo, i tre medici del Sant'Anna che hanno gestito il caso nelle fasi operatorie e post-operatorie. Gli specialisti, infatti, avrebbero causato la morte di Antonietta per imperizia e negligenza. In particolare avrebbero sottoposto la 67enne, già affetta da altre patologie, ad un approccio terapeutico: « invasivo e non strettamente necessario», si legge nell'avviso di conclusioni indagini. I medici, seguendo le linee guida adeguate alla specificità del caso avrebbero dovuto propendere per scelte terapeutiche «meno traumatiche quali la terapia medica a mezzo di somministrazione di farmaci o la via endoscopica con frantumazione del calcolo con ultrasuoni o laser». Tuttavia, la scelta rivelatasi fatale per Antonietta sarebbe quella, adottata nel post- operatorio, di non cambiare nè rimuovere il drenaggio percutaneo, rimasto fino all'11 novembre del 2020, che: «esaurita la funzione espulsiva post- chirurgica di secrezioni, costituiva solo via di ingresso di germi», è scritto nelle carte. Ora per i tre medici il pm di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio e la decisione spetterà al giudice in udienza preliminare. 

I LEGALI
 «Ci uniamo al dolore dei familiari della signora, e confidiamo nel fatto che il processo penale attualmente in corso chiarisca la vicenda- affermano gli avvocati della famiglia di Antonietta, costituitasi parte civile, Vincenzo Comi e Marina Colella - la società deve sapere che per costruire uno stato di diritto si devono garantire i diritti sanciti nella costituzione. Lo è certamente il diritto di salute e il diritto a che le persone siano assistite e curate in maniera adeguata».

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