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Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per choc settico: tre medici verso il processo

La procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio di tre medici accusati di omicidio colposo

Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per shock settico: chiesto rinvio a giudizio per 3 medici
Operata per rimuovere un calcolo, muore mesi dopo per shock settico: chiesto rinvio a giudizio per 3 medici
di Erika Chilelli
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 20:04 - Ultimo agg. : 8 Dicembre, 14:23
3 Minuti di Lettura

Morta per shock settico tre mesi dopo aver rimosso un calcolo chirurgicamente: la sacca di drenaggio inserita dai medici si è infettata e non è stata cambiata. Per il decesso di Antonietta, 67 anni, avvenuto a dicembre del 2020 la procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio di tre medici della clinica privata "Sant'Anna" accusati di omicidio colposo. 

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L'INTERVENTO
Il 17 settembre del 2020 la signora Antonietta si reca presso la clinica privata di Cassino per rimuovere un calcolo ureterale di 6 millimetri che le blocca il tratto urinario. Le è stato detto in precedenza, dal medico che esegue la procedura, che la scelta migliore è sottoporsi ad un intervento chirurgico: e, così, quella mattina le viene praticata una nefrostomia. La procedura va bene e una volta inserito il drenaggio può tornare a casa. 

I CONTROLLI
Tutto sembra andare per il meglio anche nel corso delle due visite di controllo post-operatorio: il calcolo, infatti, come accertato in un'ecografia e in un esame TC è stato rimosso ed entrambe le dottoresse che eseguono gli esami le prescrivono solamente una scintigrafia. Il percorso di guarigione, però, a novembre si interrompe all'improvviso e la 67enne inizia a stare male ed avere la febbre alta. Antonietta ha sviluppato un'infezione delle vie urinarie, ma viene scoperto troppo tardi e il 9 dicembre del 2020, a tre mesi dall'intervento, ha un'insufficenza multiorgano e muore a causa di uno shock settico. Un decesso sul quale i figli della vittima, fin da subito, hanno voluto vederci chiaro.

LE INDAGINI 
Il caso è così approdato alla procura di Cassino dove a coordinare è stato il sostituto procuratore Chiara D'Orefice che ha iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di omicidio colposo, i tre medici del Sant'Anna che hanno gestito il caso nelle fasi operatorie e post-operatorie. Gli specialisti, infatti, avrebbero causato la morte di Antonietta per imperizia e negligenza. In particolare avrebbero sottoposto la 67enne, già affetta da altre patologie, ad un approccio terapeutico: « invasivo e non strettamente necessario», si legge nell'avviso di conclusioni indagini. I medici, seguendo le linee guida adeguate alla specificità del caso avrebbero dovuto propendere per scelte terapeutiche «meno traumatiche quali la terapia medica a mezzo di somministrazione di farmaci o la via endoscopica con frantumazione del calcolo con ultrasuoni o laser». Tuttavia, la scelta rivelatasi fatale per Antonietta sarebbe quella, adottata nel post- operatorio, di non cambiare nè rimuovere il drenaggio percutaneo, rimasto fino all'11 novembre del 2020, che: «esaurita la funzione espulsiva post- chirurgica di secrezioni, costituiva solo via di ingresso di germi», è scritto nelle carte. Ora per i tre medici il pm di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio e la decisione spetterà al giudice in udienza preliminare. 

I LEGALI
 «Ci uniamo al dolore dei familiari della signora, e confidiamo nel fatto che il processo penale attualmente in corso chiarisca la vicenda- affermano gli avvocati della famiglia di Antonietta, costituitasi parte civile, Vincenzo Comi e Marina Colella - la società deve sapere che per costruire uno stato di diritto si devono garantire i diritti sanciti nella costituzione. Lo è certamente il diritto di salute e il diritto a che le persone siano assistite e curate in maniera adeguata».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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