Mutui, il caro rata morde più nel Mezzogiorno: i tassi minori nel Nordest

Le famiglie indebitate sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale

Christine Lagarde è presidente della Bce
Christine Lagarde è presidente della Bce
di Nando Santonastaso
Domenica 30 Luglio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 31 Luglio, 07:33
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L'inflazione prima, l'aumento dei tassi Bce, dopo con la forte impennata dei mutui a tasso variabile che ne è derivata. Per la Fabi, il più rappresentativo dei sindacati dei bancari, a rimetterci sono soprattutto le famiglie. Al punto che, in base ad un rapporto elaborato sulla scorta di dati Bankitalia, al 31 marzo scorso un punto percentuale degli stipendi risultava mangiato dai tassi d'interesse su mutui, prestiti e credito al consumo. 

La quota delle rate rispetto al reddito disponibile è cresciuta di tanto tra il 2019 (quando era al 9,5%) e il primo trimestre 2023 (10,55%), con la sensazione però che possa essere salita di più nei mesi successivi per via dei continui aumenti del costo del denaro decisi da Francoforte. Fabi parla di choc finanziario in arrivo per le famiglie e di reddito progressivamente eroso, introducendo nell'analisi anche un altro elemento di valutazione per così dire territoriale: la diversità del costo dei mutui tra Nord (meno cari) e Sud («Interessi alle stelle»). È un tema che fa discutere e lascia perplessi banche e operatori del credito. Vediamo perché.

Per il sindacato l'Italia è divisa in due: i tassi praticati dalle banche sarebbero, cioè, più salati per le famiglie italiane che vivono al Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Puglia) oltre che in Sardegna e Sicilia. Nelle isole, «la media dei tassi d'interesse è del 4,23% e nel Mezzogiorno è al 4,18%, contro il 4,10% del dato nazionale». Sempre in base a questi dati, le famiglie residenti nelle aree settentrionali godrebbero, invece, di condizioni sui mutui più favorevoli: «Nel Nord Ovest la media dei tassi è pari al 4,09%; nel Nord Est, i tassi medi sono i più bassi d'Italia, cioè il 3,99%». La disomogeneità nazionale, secondo il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, sarebbe da attribuire alle diverse condizioni economiche delle macroaree del Paese: «Le differenze territoriali sul costo dei mutui dipendono da alcuni fattori di rischio: il Sud e le Isole sono, purtroppo, più indietro economicamente rispetto al Nord.

I numeri dei fallimenti di imprese o di difficoltà economica sono numericamente più rilevanti e le famiglie faticano a pagare le rate dei prestiti e dei mutui. Per le banche il fattore rischio quindi è maggiore, anche se in questi ultimi tempi c'è più disponibilità da parte degli istituti di credito e più sensibilità rispetto a prima ai problemi di famiglie e imprese». 

Ma è proprio così? Che al Sud il costo del denaro sia sempre stato più elevato è un dato di fatto che sembra riguardare però soprattutto le imprese, non le famiglie. «Le imprese meridionali in media sono sicuramente più sottocapitalizzate e di conseguenza hanno un rischio di default maggiore. Di qui un rating diverso dalle altre aree del Paese - ragiona Amedeo Manzo, presidente della Bcc di Napoli e presidente regionale delle Banche di credito cooperativo campane e calabresi - Ma questo non ha nulla a che vedere con i mutui erogati alle famiglie per l'acquisto di una casa: al Nord e al Sud, a Milano e a Napoli, le condizioni applicate dalle banche, piccole o grandi che siano, sono le stesse. Non ci sono due Italie, almeno da questo punto di vista. Non a caso, e lo abbiamo dichiarato pubblicamente nell'ultima assemblea nazionale del Credito cooperativo, alla quale è intervenuto anche il presidente Mattarella, la quota di Npl (i crediti deteriorati, ndr) risulta omogenea al Nord come al Sud. È vero invece che prima di erogare un mutuo ad un'impresa, noi Bcc preferiamo guardare oltre i dati di bilancio che a volte, dietro un'apparente trasparenza, nascondono insidie e opacità di vario genere».
Va peraltro ricordato, come ha fatto l'Abi riferendosi a dati anche questi di fine marzo scorso, che proprio al Sud l'ammontare di prestiti bancari a imprese e famiglie è risultato superiore alla media nazionale, con ben sette regioni meridionali su otto oltre la quota Italia in particolare per le imprese. Dall'Abi anche la conferma che la rischiosità dell'accesso al credito al Sud resta un fattore strutturale di debolezza anche se si è passati dalla doppia cifra di dieci anni fa al 4% del 2023. Che non è poco, ovviamente, ma restringe ancora di più la forbice rispetto all'1,8% della media nazionale. In sostanza, al Sud il denaro costa ancora di più ma la tendenza al riallineamento sembra finalmente possibile. E non era affatto scontato.

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La certezza, dunque, al momento è che l'aumento del costo del denaro pesi sulle famiglie italiane in maniera non troppo dissimile. Ma che si tratti comunque di stangate per milioni di mutuatari è poco ma sicuro. Il rapporto della Fabi ricorda infatti che in Italia le famiglie indebitate sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, 3 milioni e mezzo hanno acceso un mutuo per l'acquisto di una casa. «Nel corso del 2022 spiega il sindacato - i tassi di interesse sui prestiti sono notevolmente aumentati e nuovi incrementi sono scontati con il costo del denaro ulteriormente aumentato di 4,25 punti. Comprare un'automobile a rate, per esempio un modello da 25mila euro, potrebbe costare, nel caso di un finanziamento decennale a un tasso del 13,65%, oltre 9.800 euro in più rispetto al 2021». 

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