Mar Rosso, le bombe sulle basi Houthi e le minacce dei miliziani: «Colpiremo Usa e Londra»

«Tutti gli interessi americani e britannici sono diventati obiettivi legittimi. La nostra mano avrà il sopravvento», ha dichiarato il Consiglio politico supremo degli Houthi

Mar Rosso, le bombe sulle basi Houthi e le minacce dei miliziani: «Colpiremo Usa e Londra»
di Greta Cristini
Sabato 13 Gennaio 2024, 06:20 - Ultimo agg. 13:45
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A incendiare il Medio Oriente, adesso, anche le bombe di precisione americane e britanniche. Nella notte fra giovedì e venerdì, decine di missili Tomahawik sono stati lanciati dal cacciatorpediniere Arleigh Burke, dal sottomarino nucleare Uss Florida, da caccia F/A-18 statunitensi decollati dalla portaerei Eisenhower e da jet da combattimento Typhoon britannici decollati da Cipro contro 16 postazioni dei miliziani Houthi in Yemen. Risultato: 5 morti, 6 feriti e 73 raid che hanno colpito basi navali, siti di comando e di lancio missilistici, sistemi radar, infrastrutture logistiche e depositi d'armi. L'obiettivo rivendicato, riportato in un comunicato congiunto dei 6 paesi coinvolti (Usa e Regno Unito supportati da Australia, Canada, Olanda e Bahrein) più Danimarca, Germania, Nuova Zelanda e Corea del Sud, è «interrompere e degradare le capacità che gli Houthi utilizzano per minacciare il commercio globale e la vita dei marinai internazionali in una delle vie d'acqua più critiche al mondo».

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ALTRE OPERAZIONI

Che non si tratti di una risposta risolutiva capace di interdire qualsiasi futura offensiva dei miliziani lo ha chiarito la Casa Bianca ieri sera, affermando che se dagli Houthi - che hanno risposto con un missile antinave senza però colpire nessun obiettivo - arriveranno altri attacchi, il presidente Joe Biden «non esiterebbe a ordinare altre operazioni per difendere le nostre truppe e attività commerciali». A poco insomma sono servite le accuse del diretto avversario alle presidenziali Donald Trump, o le voci critiche dentro il Partito Democratico secondo cui Biden starebbe «violando la Costituzione» e trascinando gli Stati Uniti nell'ennesimo conflitto in Medio Oriente. D'altronde, una volta esaurite le vie diplomatiche con l'ultimatum del 3 gennaio scorso, risolvere manu militari la questione risponde a una necessità quasi esistenziale per Washington: riaffermare la credibilità della potenza americana a partire dal primo imperativo strategico per il mantenimento dell'egemonia globale, ovvero la protezione delle rotte marittime che gli Usa governano con il pieno controllo degli istmi e degli stretti più importanti per il commercio mondiale. Bb al-Mandab e Suez sono fra questi.
Eppure, mentre Cina e Arabia Saudita si dicono preoccupate, la Giordania incolpa Israele e la Russia grida alla «escalation distruttiva» e riunisce il Consiglio di Sicurezza per una riunione urgente, il negoziato a mano armata fra Usa e Iran sembra reggere. A Washington, l'obiettivo resta «attenuare le tensioni e ripristinare la stabilità nel Mar Rosso», palesando l'intento non di eliminare la leadership yemenita né colpire per procura l'Iran, bensì distruggere la strumentazione bellica degli Houthi. A Teheran, nonostante la ferma condanna verso «un'azione arbitraria e una violazione della sovranità e dell'integrità territoriale dello Yemen», il ministero degli Esteri Kanani ha chiesto alla comunità internazionale di «impedire che la guerra si allarghi», paventando il rischio caos nella regione.
Benché gli Houthi siano stati armati e addestrati per anni da agenti specialisti iraniani, restano autonomi e non gestibili da Teheran nelle loro iniziative nel Mar Rosso (27 attacchi dal 19 novembre).
Gli americani lo sanno e, non puntando il dito contro l'Iran, si preparano piuttosto a rappresaglie yemenite. «Tutti gli interessi americani e britannici sono diventati obiettivi legittimi. La nostra mano avrà il sopravvento», ha dichiarato il Consiglio politico supremo degli Houthi ieri. La popolazione yemenita, mantenuta in stato di guerra permanente, è con gli oltre 100mila combattenti: decine di migliaia di manifestanti si sono riversati in piazza Sab'een, nella capitale Sanaa, per chiedere agli Houthi di continuare le loro operazioni sul Mar Rosso. A partire, ad esempio, dalle basi americane e britanniche in Arabia Saudita ed Emirati Arabi, ex nemici e ora controparti degli Houthi nel negoziato per il processo di pace in Yemen.

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