Cambogia, operaie svengono a centinaia
nelle fabbriche tessili delle grandi griffe

Donne che svengono nelle fabbriche cambogiane Foto Reuters
Donne che svengono nelle fabbriche cambogiane Foto Reuters
di Luisa Mosello
Lunedì 12 Settembre 2016, 21:16 - Ultimo agg. 14 Settembre, 14:56
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Un lavoro che sfianca e sfinisce. Non solo nel corpo, ma anche nell’anima. E nella dignità. Fino a far perdere i sensi. Come accade sempre più nelle fabbriche cambogiane, quelle in cui si taglia e si cuce per vestire noi occidentali affamati di vestiti mordi e fuggi, possibilmente a basso costo. Milioni di capi d’abbigliamento e scarpe anche di marche e griffe famose: 75 euro al mese, 50 centesimi l’ora, per turni pesantissimi. E in Cambogia l'affitto di una stanza arriva a 25 euro al mese. 
 

 


Avviene che, in enormi capannoni che sbucano come (bui) miraggi  dal nulla nei distretti industriali di Phnom Penh, operaie giovani se non giovanissime svengono. Improvvisamente e in gruppo. Anche in cinquanta, in cento. Tutte insieme. Soprattutto in questo periodo, quando l’estate da noi è agli sgoccioli ma da quelle parti il clima tropicale caldo umido picchia duro con l’afa che si mescola al sudore della fatica, della mancanza di riposo, del poco cibo. E dell’umiliazione portata addosso appiccicata sulla loro pelle. Cadono a terra o si accasciano sui loro banchetti. Circa 2 mila casi di svenimenti l’anno negli ultimi cinque. Con l’arrivo di infermieri e lettighe fra aghi e pezzi di stoffa, in una sorta di stop forzati. Un malessere sempre più diffuso. Una ribellione a questa schiavitù che riguarda oltre 600 mila cambogiane. 

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