Armi all'Ucraina, Draghi convince Salvini. Conte isolato sulla guerra

Armi all'Ucraina, Draghi convince Salvini. Conte isolato sulla guerra
Armi all'Ucraina, Draghi convince Salvini. Conte isolato sulla guerra
di Alberto Gentili
Martedì 17 Maggio 2022, 07:10 - Ultimo agg. 12:40
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«L'incontro è andato bene». A palazzo Chigi, seguendo la linea del pragmatismo caro a Mario Draghi, non fanno caso alle rumorose dichiarazioni rilasciate da Matteo Salvini in piazza Colonna appena concluso l'incontro di un'ora con il premier. Ciò che conta è che il leader leghista, al contrario di Giuseppe Conte, non ha messo in discussione il mandato politico di Draghi a guidare l'esecutivo in tempo di guerra. Né ha sollecitato un voto sull'invio dei nuove armi a Kiev. In più, ha ammorbidito i toni sull'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, evento che dovrà essere ratificato (in base ai trattati) da un voto del Parlamento. In poche parole Salvini, nel faccia a faccia con Draghi, ha lasciato solo Conte nel ruolo del guastatore. «Ha isolato il capo 5Stelle, il leader della Lega vuole sostenere lealmente il governo, al di là di certa propaganda...», è la fotografia scattata da chi ha parlato con il premier. E da palazzo Chigi è arrivata la conferma dell'isolamento del leader M5S: «Salvini e la maggioranza non chiedono che cambi il mandato del governo».

Draghi, durante il colloquio, ha rassicurato il capo leghista. Gli ha raccontato dell'incontro con Joe Biden alla Casa Bianca. Dove, «a nome dell'Europa», il premier aveva chiesto al presidente americano di evitare l'escalation militare e di puntare «sul cessate il fuoco e negoziati credibili». E gli ha garantito che andrà avanti «nella ricerca della pace». Ma allo stesso tempo, come ha recitato una nota di palazzo Chigi, Draghi a Salvini ha «riaffermato il sostegno all'Ucraina e l'imposizione di sanzioni alla Russia». Traduzione: avanti con l'invio di armi e avanti con le misure per fiaccare l'economia russa in modo da spingere Vladimir Putin a fermare la guerra. 

Più o meno ciò che dirà Draghi giovedì durante l'informativa in Parlamento che, fonti di governo, descrivono come «un resoconto ampio di tutto ciò che è accaduto sia sul piano militare che su quello diplomatico, cercando di essere il più dettagliato ed esaustivo possibile».

Anche perché non è prevista la votazione di alcuna risoluzione. E dunque «l'esecutivo non corre rischi». In più nell'informativa, come ha fatto con Salvini, Draghi descriverà «le conseguenze economiche e umanitarie del conflitto in corso, con particolare riferimento alla necessità di prevenire una crisi alimentare sul larga scala e di proseguire lungo la strada dell'accoglienza ai profughi ucraini». Mentre, sul fronte del caro-energia, il premier ribadirà «l'importanza di un percorso che affianchi la diversificazione delle fonti di approvvigionamento», per affrancarsi dal gas di Mosca, «e investimenti sulle rinnovabili».

Ma ecco la «propaganda» di Salvini, volta a intercettare i voti di quella parte dell'opinione pubblica terrorizzata dalla guerra. Appena uscito da palazzo Chigi il capo della Lega è tornato a dire no all'invio di nuove armi all'Ucraina: «Inizialmente era giusto e abbiamo detto sì con convinzione. Ma adesso dico che il dialogo non si prepara mandando altre armi. Così si allontana la pace». Però, allo stesso tempo, Salvini ha escluso (appunto) di voler chiedere (come vorrebbe invece Conte) un voto sugli armamenti a Kiev. E ha riconosciuto a Draghi di aver «parlato finalmente di pace, di cessate il fuoco»: «Direi che rispetto ai toni bellicisti che c'erano fino a pochi giorni fa, il fatto che il premier sia andato a Washington a portare parole e progetti di pace con l'Italia protagonista mi rende orgoglioso». Poi, dopo aver detto no all'embargo del gas russo (del resto in Europa non se ne parla più), Salvini ha ritirato parzialmente il niet sull'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato: «Non decido né io né Draghi sull'allargamento dell'Alleanza atlantica. Ci sono due paesi che liberamente faranno le loro richieste. L'importante è cercare quello che avvicina e non quello che allontana». 

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In tutto questo, la tensione resta alta. Il governo, nei minuti in cui Salvini era a palazzo Chigi, ha dovuto rinviare a oggi il voto sulle pregiudiziali presentate da FdI sul decreto-Ucraina (quello delle armi). E anche la questione di fiducia. Il motivo? Le assenze della Lega: sette deputati leghisti su dieci (per l'esattezza il 68%) non si sono presentati alle votazioni ed è mancato il numero legale. «La colpa non è mia, ero a Chigi», è corso a dire Salvini. Sintesi di Giorgia Meloni: «La maggioranza è a pezzi, qualcuno sta dando segnali seri di nervosismo...». 

Sul fronte degli altri partiti c'è da registrare che il presidente della Camera, Roberto Fico, ha scelto di sostenere la linea di Luigi Di Maio: «La risposta unita e forte dell'Ue a Putin è un fatto assolutamente positivo». Che il segretario del Pd Enrico Letta conferma l'«appoggio convinto a Draghi»: «Sbagliamo se ci mettiamo a fare scelte da soli alla Orban. L'Italia non è l'Ungheria, ma un Paese che si muove con i suoi partner». E che Beppe Grillo è finito nel mirino di alcuni 5Stelle per aver pubblicato sul suo blog (finanziato con 300mila euro dal M5S) l'ennesimo intervento filo-Putin: «I contenuti pubblicati sul blog non riflettono le posizioni del M5S. La partecipazione dell'Italia all'Alleanza euro-atlantica per il M5S è fondamentale», ha messo a verbale l'europarlamentare Fabio Massimo Castaldo. Da capire se Conte è d'accordo.

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