Il calcolo è stato complicato per tutta la giornata di martedi 8 mentre in borsa i titoli bancari erano bersaglio di ondate di vendite fino a perdere 9 miliardi valore tutte assieme. Dai primi calcoli fatti da esperti del settore che portavano il totale della stangata sugli extraprofitti a quota 9,1 miliardi secondo le originarie indicazioni di franchigie del 3 e 6% sulla maggiore differenza fra i margini di interesse del 2022 sul 2021 e del 2023 sul 2022, in serata il Tesoro ha corretto il tiro: franchigie del 5 e 10% e soprattutto un tetto che passa dal 25% del patrimonio netto allo 0,1% dell’attivo. La correzione di tiro ha abbassato la stangata a circa 3,2 miliardi con le simulazioni di supertassa di circa 955 milioni per Intesa Sanpaolo e di 895 milioni per UniCredit. Ma prima che le bocce si fermassero, sono passate ore cariche di fortissima tensione per i banchieri già in vacanza, ma connessi di continuo con i vertici Abi ma soprattutto, specie qualche banchiere di massimo rilievo per il ruolo ricoperto sul mercato, con il Tesoro e Palazzo Chigi.
La stangata del governo sulle banche trae fondamento dalla crescita degli incassi degli istituti grazie ai tassi d’interesse su prestiti alle imprese e mutui alle famiglie.
La scelta di Salvini
Una cifra enorme, secondo il ministro Matteo Salvini, tra i promotori della stangata a carico delle banche. Che, secondo il leader del Carroccio si sarebbero approfittate della politica monetaria, allargando tutta a loro vantaggio la forbice dei tassi d’interesse. Se, infatti, la remunerazione della cosiddetta “raccolta” è rimasta a livello quasi zero per mesi - ed è ancora molto contenuta, nonostante sui depositi a scadenza comincino a essere “pagati” un po’ meglio – gli interessi applicati su mutui e prestiti a famiglie e imprese sono schizzati alle stelle. Spieghiamo bene. Il denaro è la materia prima delle banche: si “compra” attraverso conti correnti e depositi oppure con finanziamenti Bce e si rivende con gli “impieghi” cioè il credito alla clientela. La differenza tra il prezzo d’acquisto e quello dei prestiti costituisce, appunto, il margine d’interesse e proprio a questa voce del bilancio sarà applicato il nuovo balzello del 40% confezionato da palazzo Chigi.
Come funziona
Il meccanismo disegnato dal governo funziona così: la misura sarà applicata all’anno, tra il 2022 e il 2023, che avrà raggiunto il miglior risultato proprio sul fronte del margine d’interesse. In partenza, viene presa in considerazione la differenza fra i due risultati annuali rispetto al 2021. Appare dunque scontato che il bilancio 2023, date le eccellenti premesse, sarà quello “tosato” dal fisco. La base imponibile tra i due anni, va detto, è diversa: in entrambi i casi si prende come punto di partenza la differenza del margine d’interesse rispetto al 2021, vale a dire 7,1 miliardi per il 2022 e 25,3 miliardi per il 2023. Ma se nel primo caso la tassa viene applicata oltre la soglia del 5% dell’eccedenza, nel secondo caso, quello che verrà si passa al 10%. Al Tesoro ovviamente danno per scontato che l’anno da tassare sarà il 2023 e quindi i calcoli esatti si potranno effettuare solo a bilanci approvati, all’inizio del prossimo anno.