Matteo Renzi a Napoli: «Andremo oltre il 4%»

Mano tesa a De Luca: «È un'icona della comunicazione ma non andrà mai via dal Pd»

Matteo Renzi in tour a Napoli
Matteo Renzi in tour a Napoli
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 7 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 16:11
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A Napoli c'è tutto lo stato maggiore di Italia Viva per la presentazione del libro di Matteo Renzi: ci sono anche gli ex ministri Boschi e Bellanova e i parlamentari Paita e Bonifazi. Non è solo un tour letterario per «Palla al centro», l'ultima fatica editoriale dell'ex leader dem, ma anche un modo per serrare le fila in vista delle prossime Europee: «Tra poco inizierà il nostro secondo tempo della partita», incalza proprio Renzi all'hotel Mediterraneo, in due sale strapiene di dirigenti locali e militanti.

Poi scherza con il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto che il giorno prima gli ha portato quattro nuovi consiglieri facendo della sua città quella più renziana d'Italia: «Occhio a Ciro - scherza - perché è uno che porta via i consiglieri dal Pd...». Proprio il Pd, il suo vecchio partito, che è al centro dei suoi attacchi al pari del centrodestra. Anche se non cita mai la Schlein.

«Noi siamo opposizione a questo governo ma anche opposizione a questa opposizione», chiarisce l'ex premier che in queste settimane sta costruendo la terza via. «Il mio era un Pd che su alcuni temi faceva la differenza. Eravamo il partito del lavoro e non dei sussidi, e della scuola anche se ho fatto qualche errore», ammette sempre Renzi in una sala affollatissima dove arriva con un leggero ritardo. Prima un incontro con i consiglieri e l'assessore regionale Caputo per discutere del voto Ue. In attesa dell'appuntamento del 24 febbraio quando con Emma Bonino si cercherà di chiudere un accordo tra Azione, Più Europa e Italia Viva e mettere tutti al riparo dalla soglia minima del 4 per cento in nome di un'alleanza macroniana. «Nessun problema, state tranquilli», dice comunque Renzi ai suoi chiarendo che, comunque vada, si candiderà capolista quasi sicuramente in tutte le circoscrizioni per trainare direttamente il partito.

«Il 4 per cento è troppo poco. Se lo dico mi querelano anche i consiglieri regionali e i nostri sindaci. Persi già - dice alla platea - una scommessa alle ultime regionali quando pensavo che andassimo meglio in Toscana che qui in Campania: ci davano all'1,9 per cento e poi abbiamo preso il 7,6. Quindi moltiplicate per 4 questo 4 per cento.... Noi comunque faremo questa campagna non per un voto in più ma per il futuro dell'Italia e dell'Europa». E investe ufficialmente Nicola Caputo, ora in giunta con De Luca: «C'è già andato, deve tornare alla Ue».

Sono le rassicurazioni, in privato e in pubblico, che i dirigenti campani volevano.

E, a proposito di Vincenzo De Luca, qualcuno gli chiede se l'ex sindaco di Salerno non passi proprio a Iv visto che ormai è in rotta con il suo partito. «Enzo non è soltanto un'icona della comunicazione ormai di tutto il paese, ma anche il presidente della Regione a cui noi - rimarca - quando arriviamo al governo abbiamo dato tanti soldi per le ecoballe. Abbiamo lavorato con lui per far ripartire Pompei, abbiamo fatto tante iniziative insieme. Dopodiché lui ha una serie di esposizioni aperte col Pd, ma conoscendolo non andrà mai via dal Pd. È uno di vecchia scuola da questo punto di vista. Ciò non toglie che noi lavoriamo molto bene con lui in Regione e i nostri consiglieri regionali sono una colonna della maggioranza».

«Noi abbiamo presentato una proposta di legge che prevede l'elezione del sindaco d'Italia, anche se Calenda non lo ricorda. Se la Meloni e la Casellati fanno questa proposta noi l'appoggiamo. Ma se fanno un pasticcellum noi non ci stiamo. Era partita bene ma ora la vedo che tentenna. Se fa la nostra proposta, io la voto», auspica Renzi rispondendo all'ex alleato Carlo Calenda che, qualche ora prima, ha chiesto a tutte le opposizioni, Iv compresa, di «non dire sempre no e fare una proposta delle opposizioni sulla legge del premierato».

Nel mirino, democrat a parte ai quali non risparmia qualche stilettata, c'è la premier: «Ha fatto più legislature di Cirino Pomicino, e lo dico da Napoli. Non è vero che è un underdog ma è una politica di lungo corso». «E la sua - aggiunge - è la classe politica più scadente: tutto nelle mani di deputati pistoleri, come i 5 stelle senza arte né parte, e leghisti che parlano solo di secessione. Se penso alla Prima repubblica, mi viene da dire che aveva mille limiti, ma questa classe dirigente è imparagonabile. Ma se mi chiedono: Rimpiangi Di Maio? No, non arrivo a tanto. Ma Lollobrigida è il Toninelli di oggi...». 

 

È un autoassist per le questioni dell'agricoltura: «La Meloni è incredibile. Lei e suo cognato hanno aumentato le tasse agli agricoltori, hanno portato l'Irpef agricola a un esborso di 248 milioni di euro in più da parte degli agricoltori. Cioè: Meloni prima gli alza le tasse e poi gli liscia il pelo. È veramente una influencer, non è una politica. Ma - rimarca - fossi in lei manderei mio cognato a casa e metterei uno competente a gestire l'agricoltura». È uno show di 45 minuti (un tempo di una partita di calcio) quello di Renzi mentre in platea tutti attendono di vedersi firmate le copie del libro e di scattare un selfie. Prima però un ultimo attacco alla Meloni sulla vicenda di Ilaria Salis. «Quando ero premier, mi disse che ero un eunuco perché non avevamo ancora portato a casa i Marò. Poi li abbiamo portati a casa, ed erano accusati di omicidio ed erano ai domiciliari nella residenza dell'Ambasciata. Oggi invece c'è una detenuta italiana, cittadina italiana che viene accusata di aver partecipazione a una rissa - non ci sono prove che lo dimostrino - che però è da un anno e un mese in mezzo a topi e scarafaggi in un carcere di Budapest. Le idee, puoi condividerle o meno, ma - conclude - il rispetto che si deve ai cittadini italiani porta a dire che Orban, l'amico della Meloni, non sta rispettando le regole dello Stato di diritto». 

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