Pnrr, il ministro Fitto ad Agenda Sud 2030: «Cambiare si può: inflazione e flessibilità saranno i criteri guida»

«Ridurremo la spesa pubblica e riorganizzaremo le strutture»

Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, del Sud, del Pnrr e della Coesione
Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, del Sud, del Pnrr e della Coesione
di Nando Santonastaso
Domenica 7 Maggio 2023, 09:09 - Ultimo agg. 21:33
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«Quando è stato affermato che i progetti del Pnrr, così come previsti, non potranno essere tutti realizzati per giugno 2026 pensavo di aver detto un'ovvietà, invece si è scatenato un dibattito. Questo non vuol dire perdere risorse ma capire oggi, nel momento della revisione del Pnrr, previsto dai regolamenti europei, come rimodulare gli interventi, facendo una verifica dettagliata di quelli che non si potranno mettere a terra entro quella data». Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, del Sud, del Pnrr e della Coesione conferma anche ad Agenda Sud 2030, la due giorni organizzata a Napoli dalla Fondazione Merita sul futuro dei giovani meridionali, la scelta del governo sull'attuazione del Piano di ripresa e resilienza. Sia sul piano organizzativo, con la nuova governance concentrata a Palazzo Chigi che aggrega la gestione dei fondi straordinari e ordinari europei e quella delle risorse nazionali della Coesione, «riducendo la spesa pubblica e riorganizzando le strutture»; sia sull'aspetto più specificamente operativo. Ovvero, sulla possibilità di proporre alla Commissione europea una rimodulazione che utilizzi come vasi comunicanti anche i fondi della Coesione per i progetti a rischio definanziamento «per evitare di perdere queste risorse».

Una strada pressoché obbligata visto che, ripete il ministro, degli oltre 126 miliardi della Coesione 2014-20 l'Italia ha speso finora solo il 34%, il dato peggiore in Europa. «Cambiare approccio diventa dunque indispensabile alla luce anche del rischio che il prossimo bilancio Ue riduca le risorse destinate alla politica di coesione degli Stati che più ne hanno bisogno, come l'Italia», dice Fitto. 

Flessibilità, dunque, ma al tempo stesso anche una presa di coscienza, osserva Fitto, sul fatto che le scelte a monte, ad esempio, dell'Accordo di partenariato sulla programmazione dei fondi ordinari europei 2021-27 «poggiano su scenari economici antecedenti allo scoppio della guerra e dunque da rivedere».

Inoltre, insiste il ministro, «diversamente da altri Paesi che nei piani di recovery mettono pochi obiettivi, nel nostro ce ne sono troppi, con migliaia di progetti, 170.000 di cui 64.000 da 200.000 euro». C'è di che riflettere, fa capire Fitto, convinto che questo non sia il momento delle polemiche ma del confronto. Anche perché, avvisa, «l'Ue è rigorosa, fa verifiche continue, non ammette progetti realizzati solo in parte». Di certo, solo dopo la verifica sui progetti e sulle risorse si aprirà il cantiere della nuova programmazione del Fondo sviluppo e coesione di cui i governatori del Sud chiedono con insistenza le risorse.

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In ogni caso, il clima che si respira alla convention di Merita è sostanzialmente favorevole allo sforzo che il governo sta mettendo in campo sulla rimodulazione del Pnrr. Da Claudio De Vincenti a Franco Bassanini arriva ad esempio un chiaro sostegno alla scelta di unificare il Piano con la politica di coesione («La regia del Pnrr non poteva restare al ministero dell'Economia cui spetta solo la rendicontazione della spesa com'è nei suoi compiti istituzionali», dice il presidente della Fondazione Astrid). E con altrettanta chiarezza il dibattito sottolinea che la Pubblica amministrazione ha bisogno, per citare ancora Bassanini, di «strutture di accompagnamento» per essere all'altezza della sfida del Pnrr dopo essere stata privata di personale e di competenze nel corso degli anni. Pensare di tenere in vita tutte le migliaia di stazioni appaltanti senza capire che molte non hanno capacità tecniche adeguate è fondamentale dunque. «Intanto però si potrebbero destinare al sistema delle imprese le risorse che si possono spendere in automatismo, si garantirebbe così la giusta e necessaria continuità degli investimenti», sottolinea Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle regioni dell'associazione. Ovviamente i rischi che la riforma dell'autonomia differenziata possano ripercuotersi anche sul Pnrr non sono trascurabili. Bassanini osserva che i Lep devono essere introdotti anche per Inps e Inail, e cioè per i grandi servizi pubblici nazionali, ricordando che «i Costituenti non avevano lavorato per dividere i territori». Fitto non parla espressamente della contestata riforma ma ribadisce, come già in altre occasioni, che «occorre mettere insieme le Regioni e presentarsi come area dell'Europa» anche in vista di un ripristino del divieto degli aiuti di Stato nel nuovo Patto di Stabilità sul quale il confronto tra gli Stati membri è in pieno svolgimento. «Il Pnrr è quindi anche una occasione per cambiare il nostro Paese», si augura il ministro. 

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