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Riparte l’autonomia differenziata ma per i governatori paletti alle richieste

Riparte l autonomia ma per i governatori paletti alle richieste
Riparte l’autonomia ma per i governatori paletti alle richieste
di Andrea Bassi
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 26 Agosto 2021, 07:00
4 Minuti di Lettura

Il dossier era rimasto a sonnecchiare per mesi. Già due governi prima di quello guidato da Draghi, il Conte Uno e il Conte Due, avevano provato a dare una spinta all’autonomia differenziata. Il “regionalismo” chiesto a gran voce da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna ha però, almeno fino ad oggi, sempre causato un’alzata di scudi per il rischio di una “secessione” soft delle ricche regioni del Nord. Adesso il regionalismo differenziato sta per uscire di nuovo dai cassetti. Ad aprire le danze, come spesso accaduto in questa vicenda, sono stati i governatori del Nord. Quello del Veneto, Luca Zaia, innanzitutto. Due giorni fa, come riportato dal Gazzettino, il governatore ha «bocciato» la nuova bozza Gelmini. «Problemi di costituzionalità», ha detto. Poi ieri ha fatto una mezza marcia indietro. «Non esiste alcun documento Gelmini», ha spiegato. «Come Regione», ha provato a precisare per gettare acqua sul fuoco, «stiamo soltanto cercando di evidenziare tutti i punti che non ci andavano bene su provvedimento, legge quadro e documenti che avevamo ancora dal governo precedente». 

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Ma perché questa frenata? Perché il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini ha affidato a una Commissione guidata dal professor Beniamino Caravita il compito di preparare una relazione con le linee guida della legge quadro che dovrà essere messa a base del nuovo progetto per l’autonomia differenziata delle Regioni. Il punto è che la relazione non è ancora pubblica. Zaia, insomma, avrebbe letto un testo che solo in pochi conoscono. Da qui la retromarcia per non creare un incidente diplomatico. Ma è invece probabile che Zaia quella relazione l’abbia letta davvero. E che i contenuti, almeno alcuni, non gli siano piaciuti. Il punto centrale sono le materie che il Veneto ha chiesto allo Stato di trasferire alla Regione: 23 in tutto, ossia tutte quelle ammesse dall’articolo 117 della Costituzione: dall’istruzione, alle grandi reti di trasporto, passando per la valorizzazione dei beni ambientali e culturali. Ogni materia trasferita alla Regione si porta dietro anche il suo finanziamento. La Regione, insomma, potrebbe trattenere sul territorio una quota di tasse oggi versate allo Stato per finanziare queste competenze.

Ma cosa dice invece la relazione Caravita? Secondo quanto il Messaggero ha potuto ricostruire da fonti direttamente impegnate sul dossier, la proposta della Commissione sarebbe quella di impedire che le Regioni possano chiedere il trasferimento di tutte le materie. Se così fosse, infatti, si creerebbero altre Regioni a statuto speciale. E questo non si può fare a meno di non cambiare la Costituzione seguendo la procedura dell’articolo 138 della Carta. In effetti, se tutte le Regioni chiedessero l’autonomia su tutte le materie, avremmo altrettante regioni a statuto speciale e lo Stato centrale di fatto quasi scomparirebbe sostituito da 20 staterelli autonomi. A questo punto la domanda è una: quali competenze possono essere trasferite alle Regioni e quali no? In realtà a deciderlo, sempre secondo quanto avrebbe concluso la Commissione, saranno le Regioni che, però, potranno chiedere solo un tot di materie necessarie alle finalità della Regione. Non solo. Ci dovranno essere anche altri paletti: alcune materie non saranno cioè completamente devolvibili alle Regioni. Come per esempio le reti dell’energia o le grandi infrastrutture stradali e ferroviarie. La Lombardia, per fare un esempio, non potrà chiedere il tratto dell’Autostrada del Sole che passa nel suo territorio. In questo caso bisognerà rispettare i principi della legislazione statale. 

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Ma il passaggio più delicato è quello che riguarda l’istruzione, la cui devoluzione alle regioni potrà essere limitatissima. Non è una questione secondaria. All’istruzione è legata la maggior parte dei trasferimenti di risorse dallo Stato alla Regione. Se Veneto, Lombardia, Emilia Romagna non potranno più chiedere che gli insegnanti passino dalla competenza del ministero a quella della Regione, viene meno gran parte anche del trasferimento di risorse dallo Stato centrale alla periferia.

Probabile, insomma, che siano questi i passaggi che a Zaia non sono piaciuti. Ma il governatore del Veneto si è comunque detto contento della ripresa dei colloqui con il governo sull’autonomia, sebbene il percorso sia ancora lungo e incerto. Il ministro Gelmini entro la fine del mese dovrebbe presentare la bozza di legge-quadro che dovrà recepire le indicazioni della Commissione Caravita. Questa norma quadro verrà presentata alla Conferenza Stato-Regioni e poi sarà trasmessa alle Commissioni parlamentari. L’obiettivo è approvarla entro la fine della legislatura. Le intese con le Regioni, insomma, inizieranno a essere negoziate dopo il 2023. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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