Rieti, l'anatomopatologo: «Impossibile stabilire quando Silvia Cipriani è morta»

Scrocco di Montenero Sabino
Scrocco di Montenero Sabino
di R.R.
Giovedì 6 Ottobre 2022, 00:10
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RIETI - Mentre Montenero Sabino rimane ogni giorno sempre più assediato da giovani giornalisti e freelance, si attendono con impazienza gli esiti degli esami forensi sui resti ossei attribuiti a Silvia Cipriani per avere la certezza genetica dei ritrovamenti, mancando ancora la comparazione del Dna. Solo l’estrapolazione del profilo genetico dalla matrice ossea potrà dare l’ufficialità rispetto all’appartenenza all’ex postina dei resti rinvenuti dalle squadre di soccorso a Montenero. Ma sul giallo che da settimane ha richiamato l’attenzione d tutti i media nazionali grava, purtroppo, la (quasi) certezza che non sarà possibile stabilire modalità, causa ed epoca del decesso. 
Uno dei massimi esperti anatomopatologi del Centro Italia - che ha voluto restare anonimo per non influenzare in alcun modo le indagini - interpellato da Il Messaggero lo conferma: «Cadaveri e salme possono parlare e raccontare moltissime cose ma nelle prime 6-12 anche 48 ore. Nella situazione in questione sono intervenuti troppi fattori ambientali diversi tra loro dovuti al luogo, alla temperatura e all’umidità. Inoltre – prosegue l’esperto – parliamo di corpi integri o comunque non come quanto è stato ritrovato della signora». I tre grandi interrogativi che gravano sulla triste vicenda legati alla valutazione dell’epoca del decesso nonché la causa e la modalità sembrano destinati a rimanere ignoti. Si tratta di tre quesiti-chiave per poter far luce su un giallo che, ad oggi, rimane un mistero fitto e aperto a più ipotesi investigative. Su delega dell’autorità giudiziaria di Rieti si sta procedendo quindi alle operazioni di accertamento che necessiteranno di tempi fisiologici, necessari per gli atti di pulizia dell’osso, l’eliminazione di eventuali contaminanti tramite abrasione per togliere gli strati superficiali ed infine passare alla “estrapolazione” del Dna, attraverso l’uso di resine e reagenti chimici. 
Il rischio di risultato zero esiste e aumenta nel caso di ossa mal conservate all’aperto, sotto al sole, che hanno subito attacchi da parte di batteri e funghi all’interno della matrice ossea ma, trattandosi nel caso di specie di un periodo limitato di tempo (comunque non superiore ai due mesi circa), almeno questa tipologia di esame sembra destinata ad andare a buon fine. La lente della scienza genetica forense si focalizza dunque sui resti dell’ex postina in pensione per poterne trarne ogni informazione possibile. Sarebbe previsto infatti anche una sorta di esame autoptico forense in considerazione del fatto che tali analisi possono essere applicate anche in particolari casi di resti decomposti o depezzati. Una ricognizione che sarà senza dubbio importantissima se si riveleranno apprezzabili le capacità diagnostiche in relazione a quanto repertato nei boschi di Montenero Sabino. Indagini forensi di laboratorio comunque molto sofisticate e multidisciplinari che potrebbero includere anche l’eventuale esame da parte di un entomologo specializzato sulle interazioni da parte degli insetti al fine poter rispondere a questi importanti quesiti giudiziali: «Sarebbe indubbiamente interessante laddove ne sussistano le eventuali condizioni – aggiunge l’esperto contatto dal Il Messaggero - un esame entomologico in quanto la presenza di assalti di microfauna, legata a determinati vermi, insetti, larve e mosche possono fornire indicazioni ed elementi molto precisi in quanto, a partire dai tempi di deposizione e sviluppo delle uova, si può effettuare un calcolo determinato e attendibile». Anche l’esame del cosiddetto materiale naturalistico potrebbe rivelarsi un elemento di grande rilevanza nella ricostruzione del puzzle sulla morte della 77enne reatina. Non solo un esame dunque ma un vero e proprio percorso di indagine completo e dettagliato a partire dai segmenti ossei per tentare di fare luce nel buio pesto di un’inchiesta ancora senza svolte.

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