Ora si indaga per tentato omicidio. L'ordigno che è stato piazzato mercoledì pomeriggio, in zona Prati, nell'auto di Marco Andrea Doria, il presidente del Tavolo per la riqualificazione dei parchi e delle ville storiche di Roma Capitale, avrebbe potuto anche ferire gravemente, addirittura uccidere. La piccola bomba artigianale, secondo una prima informativa arrivata in Procura, non sarebbe stata una simulazione e nemmeno un messaggio esplicito per incutere paura. Ma aveva davvero delle potenzialità esplosive che solo per caso non si sono innescate: la miccia si è spenta. Elementi che hanno spinto il sostituto procuratore Antonia Giammaria ad aggiungere una nuova ipotesi di reato nel fascicolo già aperto per le minacce subite da Doria nel corso degli anni.
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La tutela
A compiere il primo passo, intanto, sarà la Prefettura di Roma.
I presunti colpevoli
L'unico particolare che non specifica riguarda chi possa essere stato, anche se lascia intuire di saperlo: «Ho fornito tutti gli elementi e le prove alla Procura che sta indagando». Doria ritiene che tutto sia riconducibile alla sua attività di responsabile per il Comune di Roma dei parchi e delle ville storiche della Capitale. «Cose del genere non mi sono mai capitate prima di questo incarico che da 4 anni svolgo a titolo gratuito scoprendo del marcio dovunque mi sia girato». Già da tempo sotto vigilanza, come obiettivo sensibile, e a novembre avrebbe subìto un tentativo di intossicazione con acqua «alla candeggina» nel suo ufficio. Doria, ex cognato di Matteo Calvio l'ex Spezzapollici dell'inchiesta Mondo di Mezzo, ha fatto riferimento anche a una denuncia presentata alla Procura a proposito di un bene come Il Messaggero aveva riportato ieri che, a suo dire, sarebbe stato confiscato proprio alle Coop di Salvatore Buzzi&Co e, sempre secondo le sue dichiarazioni, riassegnato a un'altra cooperativa che ha l'interdizione Antimafia: «Si tratta di un immobile nel parco degli Acquedotti - aveva specificato - e da allora c'è stata l'escalation di intimidazioni». Al riguardo, Buzzi, l'ex imprenditore delle coop, ha chiesto una rettifica specificando «di non avere mai avuto nella disponibilità beni immobili ricadenti nel Parco degli Acquedotti, nè tantomeno rapporti col principe Doria, che per le sue affermazioni diffamatorie risponderà nelle sedi opportune. La cooperativa 29 Giugno con le sue partecipate è stata sequestrata a dicembre 2014 e affidata ad amministratori giudiziari», ha inoltre chiarito Buzzi.
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