Coronavirus, a Roma 4 negozi su 10 restano chiusi

Coronavirus, a Roma 4 negozi su 10 restano chiusi
di Francesco Pacifico
Mercoledì 11 Marzo 2020, 08:57
4 Minuti di Lettura

I negozianti romani, a dispetto di quello che prevede il decreto Io resto a casa, stanno già applicando il blocco totale di tutte le attività. Oltre il 40 per cento ieri nella Capitale era chiuso, nonostante il provvedimento del governo imponga soltanto a bar, ristoranti e alimentari che somministrano cibi e bevande lo stop alle 18. Soltanto nella mattinata - stando ai dati forniti dalle due maggiori associazioni del settore, Confcommercio e Confesercenti - il 25 per cento delle saracinesche è rimasto abbassato. Nel corso della giornata altri esercenti sono andati a casa prima dell'orario previsto, portando il totale delle chiusure al 40 per cento. Mentre dopo il tramonto solo in pochi hanno tenuto aperto. E oggi saranno ancora meno quelli che lo faranno.

Coronavirus a Roma, da oggi aprono i varchi Ztl: ipotesi riduzione per i bus

Coronavirus, assalto ai bus a Roma: tutti in fuga verso il Sud ma nessuno fa i controlli

STOP A TUTTI
Intanto sempre ieri la Regione ha la disposto che - come per piscine, palestre e centri benessere - anche tatuatori, estetisti e terme dovranno fermarsi. Pietro Farina, direttore della Confcommercio capitolina, è abbastanza netto: «A questo punto pensiamo che sia preferibile anche prendere misure più drastiche e chiudere tutti gli esercizi commerciali. Di fatto non lavorano già, visto che la domanda è crollata. In ogni caso ci aspettiamo molti sostegni da parte del governo». Dietro le quinte, si vedono in questa decisione non soltanto le difficoltà a pagare i commessi e i fornitori, ma anche una velata forma di pressione verso l'esecutivo nazionale, che soltanto nel nuovo decreto con le misure economiche dovrebbe intervenire sulla sospensione dei pagamenti delle scadenze fiscale o sulla moratoria dei mutui. «Quel che è certo è che serve qualcosa di concreto - fa eco a Farina il leader della Confesercenti di Roma, Valter Giammaria - La nostra situazione e quella dei nostri dipendenti è tragica, ora è chiaro a tutti. Ma c'è un discorso più ampio: si deve evitare che il tessuto economico della Capitale di questo Paese s'indebolisca e Roma resti anche dopo la fine dell'emergenza il Deserto dei tartari che è adesso. Bisogna muoversi».
Anche in Comune e dalla Regione, dopo le prime aperture dei giorni scorsi, aspettano il decreto del governo per capire come intervenire sugli aiuti alle categorie colpite e sul congelamento dei versamenti. Fatto sta che ieri a Roma gli unici negozi dove si registravano delle file erano le farmacie, con la gente in attesa di comprare soprattutto detergenti e nel caso mascherine, le eleganti macellerie del Centro e i centri di toelettatura per i cani. Al riguardo raccontava una titolare in zona Trionfale: «In molti ci chiedono terapie di ossigenatura per cani e gatti. O non hano diritto anche gli animali a difendersi dalle malattie? Nessuno dei padroni ha disdetto le prenotazioni».
Per tutti gli altri settori le cose stanno andando diversamente. La città si è svegliata con una miriade di cartelli attaccati alle cler, dove i negozianti - ognuno di sua sponte e non coordinandosi con le proprie categorie di rappresentanza - ha annunciato «la chiusura e la riapertura a data da destinarsi». E spesso i fogli sono stati posti vicino alla locandine che promettevano anche sconti del 50 per cento. Non tutti si sono trincerati dietro ferie o improvvisi lavori di ristrutturazione. Infatti sono state diverse le motivazioni date. Una nota catena di abbigliamento a buon mercato, per esempio, ha sostenuto che «siccome i nostri prodotti non sono beni di prima necessità, riteniamo doveroso prendere una posizione forte nella speranza che la situazione presto si normalizzi». Sul cartello appeso da una marchio di intimo c'era invece scritto: «Ci auguriamo di contribuire in questo modo al contenimento del contagio».

LE GRANDI GRIFFE
Nel tridente le grandi griffe delle vie della moda hanno chiuso alle 18.

E difficilmente riapriranno questa mattina. Nelle viuzze verso il Pantheon o di piazza Navona era quasi impossibile trovare una bottega. In periferia era abbassata una saracinesca su due. Se proprio si doveva fare qualche acquisto, soltanto nelle strade principali dello shopping - via Cola di Rienzo, corso Vittorio Emanuele o via del Corso - si andava a colpo sicuro. Ma anche qui oggi potrebbero esserci defezioni. Spiega una cassiera, che lavora vicino alla Camera: «Si parla tanto di sicurezza, ma a noi chi ci pensa? Perché io devo andare a lavorare, quando posso essere contagiata da un cliente?»

© RIPRODUZIONE RISERVATA