Roma, rogo delle sorelle rom: la pista dell'estorsione

Roma, rogo delle sorelle rom: la pista dell'estorsione
di Adelaide Pierucci
Giovedì 3 Maggio 2018, 17:27 - Ultimo agg. 12 Novembre, 22:00
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L'ipotesi adesso è che il rogo di Centocelle, che ha ucciso le tre sorelle Halilovic, sia stata una vendetta contro le prepotenze del padre delle vittime. Il nome di Romano Halilovic è stato iscritto sul registro degli indagati della procura di Roma per tentata estorsione. Nel campo di via Salviati, avrebbe chiesto una sorta di pizzo, dai 500 ai 2000 euro, per far sostare le roulotte e non rendere la vita impossibile a chi non rispettasse le sue regole. Richieste che avrebbero alimentato in particolare l'odio del ventenne Serif Seferovic, pure lui bosniaco, esponente della famiglia rivale, e ora a processo davanti alla Corte d'assise per il triplice omicidio, mentre i fratelli e una cognata, che lo avrebbero spalleggiato, hanno scelto riti alternativi. Halilovic, che a più riprese aveva chiesto giustizia per le tre figlie non scampate come lui, la moglie Mela e gli altri otto bambini, alle fiamme della roulotte la notte del 10 maggio scorso, non ha mai spiegato il possibile movente dell'orrore. Né lo ha fatto quando è stato chiamato a deporre davanti ai giudici contro il presunto assassino delle figlie. «Sono ancora troppo scosso», ha spiegato in presenza del suo legale, Valentino Brunetti, prima di scegliere di non parlare, in qualità di indagato di un procedimento connesso. In precedenza, Romano Halilovic aveva parlato solo delle sue aspettative: «Non ho voluto farmi giustizia da solo, spero nella massima pena della giustizia italiana».

Dopo mesi di intercettazioni e rivelazioni, adesso il pm Alessia Miele ha aperto un secondo fascicolo, che parte proprio dalle presunte richieste estorsive. A maggio scorso non era la prima volta che la famiglia Halilovic subiva attentati incendiari. Gli investigatori della Mobile stanno ascoltando familiari dei Seferovic e altri abitanti del campo. Potrebbe essere chiarito a breve, intanto, il ruolo dei parenti di Serif. Lizabeta Vicola, la cognata, accusata di averlo spalleggiato la notte dell'attentato, insieme ad Andrea Seferovic, il fratello di 18 anni, imputato solo di incendio doloso: pochi giorni prima aveva lanciato una molotov contro la roulotte degli Halilovic, provocando solo danni. A rischio processo pure altri due fratelli, Jonson, 16 anni, e Renato, 22 anni, fuggiti per un periodo in Bosnia. È stato proprio un familiare intercettato a fornire la prova della partecipazione: «Serif era con gli altri sul furgone», l'ordigno l'ha lanciato Renato».

LA LITE
«D'altra parte - era la sua convinzione - se non avessero voluto uccidere, con quella bottiglia incendiaria, avrebbero colpito un muretto, non il parabrezza della roulotte». Per poi ammettere sotto interrogatorio, la lite col padre di Serif, Jupo, due giorni prima dell'attentato, all'isola ecologica di Ponte Mammolo, a suo dire chiarita il giorno successivo al campo, dal quale comunque era stato costretto a fuggire. «Piuttosto - aveva ipotizzato Romano Halilovic - credo che se la siano presa con noi per la vicenda della cinese travolta dal treno dopo lo scippo, che avrebbe visto coinvolto proprio Seferovic. Dopo la morte, Jupo nascondeva il figlio, mentre tutta la comunità di via Salviati pensava che dovesse costituirsi, per non inguaiare tutti. E, per non attaccare tutti, se la sono presa con noi». Il riferimento era al ruolo di Serif nello scippo della giovane studentessa Zhao Yang, uccisa da un treno mentre inseguiva i rapinatori.
 

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