Librerie: a Napoli salutiamo l'apertura o riapertura di alcune, ci dispiace per la chiusura di altre. La speranza, a volte retroattiva, è di farne un perno culturale a smuovere intelligenze ed energie. Da luoghi in cui acquistare un romanzo, un saggio, una raccolta di poesie e scambiarsi opinioni, magari alla presenza di un autore, eccole assurte al compito di risollevare le sorti di interi quartieri. Proposito onorevole, ma per farne cosa diversa dal miraggio, bisogna tenere presente la realtà.
Nelle librerie napoletane, siano storiche, nuovissime, indipendenti o di catena, accedono meno persone di quante desidereremmo. Se prendiamo in considerazione i soli libri, poi, gli acquisti sono pochi. Cosa andrebbe rafforzata, dunque, l'offerta o la domanda? Napoli al centro di mille storie e priva di un assessorato alla Cultura, potrebbe rispondere non demandando tutto al privato, ma investendo su ciò che è pubblico. L'abitudine alla lettura vale un tentativo? Se la risposta è sì, occorrerà dare nuova dignità alle biblioteche comunali, toglierle dal disarmo perenne, estenderne servizi, orari e cataloghi.
Al contempo, la Regione dovrà predisporre ed attuare un sistema di sostegno a quelle librerie che arrancano ma resistono, punti saldi non solo sulla mappa ma per una comunità di lettori. Che il mestiere del libraio si regga sulla sola vocazione è un ossimoro: ci sono conti e bilanci da tenere. Chi legge poco a Sud, la maggioranza, da dati Istat è una voce in perdita.
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