Chiatamone, che casino quando la regina cornuta fece cacciare la biscazziera

C'era una volta la splendida villa del principe di Francavilla

Via Chiatamone vista dall'alto
Via Chiatamone vista dall'alto
di Vittorio Del Tufo
Domenica 3 Dicembre 2023, 10:30
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«È il mare che Dio ha fatto per i malinconici»

(Matilde Serao)

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Il Casino del Chiatamone affacciava direttamente sul mare. Era immerso in uno splendido bosco di lecci e frequentato dai più impenitenti libertini della città. Avventurieri senza scrupoli come Giacomo Casanova e nobildonne eccentriche come la mitica Sara Goudar erano di casa in questa regia casina famosa, nel Settecento, per l'eleganza delle sue sale e lo sfarzo dei suoi ricevimenti. Il Casino del Chiatamone, in via Chiatamone 55, era il luogo di delizia di Michele Imperiali, principe di Francavilla e gran mecenate, definito da Benedetto Croce un «nobile e ricchissimo signore, magnifico e generoso, il centro dell'alta società napoletana». Il principe acquistò la villa nel 1755, aprendo saloni e prati della dimora a feste e banchetti rimasti leggendari. Nelle sue memorie Giacomo Casanova, residente abituale nel vicino Albergo delle Crocelle, raccontò i piccanti particolari dei ricevimenti che si svolgevano davanti al mare del Chiatamone: raccontò, per esempio, di quella volta che un prete diede scandalo gettandosi a mare completamente nudo, assieme a un gruppo di adolescenti, sotto gli occhi degli invitati, tra i quali un imbarazzatissimo ambasciatore inglese William Hamilton. Anche la regina Maria Carolina godette delle delizie della villa del principe, e le cronache ci raccontano di soggiorni balneari dei quali avrebbero beneficiato un po' tutti i monarchi che si sono succeduti a Napoli fino al 1860, compresi i Re francesi. Tutti innamorati pazzi di quel mare che Dio, come scrisse Matilde Serao, «ha fatto per i malinconici, per gli ammalati, per i nostalgici e per gl'innamorati dell'infinito».

Certamente innamorata dell'infinito, ma soprattutto delle terrene cose, fu Sara Gaudar, amica di Casanova, frequentatrice abituale del Casino del Chiatamone e famosa per essere stata, con il marito Pierre Ange Goudar, titolare della più famosa bisca clandestina della città.

Bisca per aristocratici annoiati a caccia di emozioni forti. Che coppia, i Goudar. Lui cinico, furbo e autore instancabile di libelli e satire, lei amante di Ferdinando IV, uomo dagli appetiti implacabili. Maria Carolina, la legittima consorte del sovrano, scoprì la tresca sorprendendo il marito a leggere lettere piuttosto esplicite in cui la bella Sara lo sollecitava a ricordare i piacevoli momenti trascorsi insieme. Così la regina inviperita cacciò i coniugi Goudar dal Regno e diede ordine di mettere al rogo tutte le copie dell'ultimo libro del povero Ange, il quale sperava di poter assumere un'importante carica pubblica nella capitale. Cornuto e mazziato.

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Alla morte del principe di Francavilla il Casino passò direttamente nelle mani dei Borbone. Con l'entrata a Napoli di Giuseppe Garibaldi, l'edificio - nucleo originario di quella che sarebbe poi diventata la facoltà di Economia e Commercio - divenne la redazione del giornale L'Indipendente, fondato e diretto da Alexandre Dumas, che al Casino abitò per sette anni. Il palazzo, passato ai privati, ospitò un albergo, prima conosciuto come Hotel Washington e poi come Albergo Hassler, che ospitò tra gli altri il grande poeta Rainer Maria Rilke. Il prestigio dell'Hassler fu offuscato solo nel 1882 dal Grande Albergo Vesuvio, a cui si aggiunsero gli altri celebri alberghi del lungomare. Nascoste dietro il fabbricato della ex facoltà di Economia e Commercio, sopravvivono ancora fatiscenti colonne neoclassiche, malinconici resti di quello che fu il luogo di delizia di una Napoli che non c'è più.

Nelle foto sbiadite dell'Ottocento comparivano in via Chiatamone ville da urlo e alberghi leggendari, come quel «Vittoria» dove secondo Dumas uno sceicco algerino pretendeva di far tagliare la testa a un eunuco che aveva lasciato sfuggire una donna del suo harem. La strada - dove negli anni 60 del Novecento si trasferì Il Mattino - è stata a cavallo dei due secoli il regno delle chanteuses, alle quali con civetteria si ispiravano le napoletanissime sciantose. L'edificio al civico 65, costruito in forma circolare, era in origine una sala teatrale, il Diorama, dove teloni con vedute di paesi lontani si succedevano vorticosamente formando un giro di vedute panoramiche. Poi arrivò il Gran Circo del Varietà, sul cui palcoscenico si esibivano cantanti, comici, compagnie di ballo e operette. Armand'Ary mandò in visibilio tutta Napoli quando per la prima volta cantò A frangesa, scritta per lei da Mario Costa. E poi Eugénie Fougère, Emilia Persico, Amelia Faraone, Amina Vargas, Nicola Maldacea, Diego Giannini e quell'Elvira Donnarumma soprannominata a capinera napulitana dopo aver portato al successo la canzone dal titolo Capinera. Al Gran Circo delle Varietà Di Giacomo e Costa, Gambardella e Califano, Di Capua e Capurro lanciarono le loro nuove canzoni. Il nome del teatro cambiò più volte, poi il locale fu trasformato nella «Galleria Vittoria», con negozi di classe, fra cui una elegante e rinomata sala da thè, negozi di abbigliamento, di oggettistica e di fiori. L'edificio passò all'Automobil Club e dall'Automobil Club lo rilevò infine Il Mattino, la cui redazione si trasferì, dalla storica sede dell'Angiporto Galleria, il 1° maggio 1962, sotto la direzione di Giovanni Ansaldo.

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Giacomo Casanova. Angelica Hauffmann. Alexander Von Humboldt. Louis Gay-Lussac. Sono solo alcuni degli ospiti del famoso Albergo delle Crocelle, edificato nel Settecento accanto alla chiesa della Concezione al Chiatamone voluta dai padri dell'Ordine dei Crociferi e chiamata popolarmente chiesa delle Crocelle. All'albergo delle Crocelle, al Chiatamone, soggiornò anche Giuseppe Verdi, che vi compose nel 1873 il Quartetto d'Archi. Durante i suoi soggiorni napoletani, Verdi frequentò assiduamente l'ambiente artistico della città, si lasciò ritrarre in un celebre busto da Vincenzo Gemito e divenne amico del pittore Domenico Morelli, che aveva studio nella via oggi intitolata a suo nome. Morelli realizzò per Verdi un ritratto che il musicista definì «stupendo, terribile, sublime, pittura che è poesia, poesia che è verità».

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In tempi più antichi, numerosi storici hanno documentato gli oscuri e licenziosi riti di cui l'attuale via Chiatamone fu teatro, almeno fino a quando il viceré don Pedro de Toledo, con un ordine che nessuno osò discutere, non mise fine allo «scandalo delle orge». Erano cerimonie dal retaggio pagano che si svolgevano più volte all'anno celebrando il mistero, e l'importanza vitale, della fecondità. Anche in queste grotte antichissime, come in quella famosa di Piedigrotta, si consumarono riti orgiastici di origine priapica. Il terribile Pedro, quando lo venne a sapere, montò su tutte le furie e ordinò che le gallerie ai piedi del monte Echia venissero murate. Era il 1563 e per via Chiatamone - la strada vera e propria era stata costruita in epoca aragonese - cominciò un'altra vita. Non meno scandalosa, ma soprattutto più artistica e raffinata. E assai bohémien, tanto che la strada venne definita la Posillipo dei pezzenti. 

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