«Due mesi chiuso in casa
ma ho preso il coronavirus»

«Due mesi chiuso in casa ma ho preso il coronavirus»
di ​Barbara Cangiano
Domenica 24 Maggio 2020, 06:20 - Ultimo agg. 08:30
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«È un virus subdolo. Basta una minima disattenzione e ti frega. Per questo occorre essere prudenti e non abbassare la guardia». Maurizio Benigno, originario di Nocera Inferiore, vive e lavora a Torino da un anno e mezzo. E proprio nel capoluogo di una delle regioni maggiormente colpite dalla pandemia, ha contratto la malattia. «L’ho scoperto solo dopo, quando, per poter ritornare in servizio all’Asl, dove svolgo una funzione amministrativa, ho dovuto sottopormi al test sierologico che è risultato positivo – racconta – È stato un colpo duro. Mi sono a lungo chiesto come e dove potessi essermi contagiato, visto che da quando sono qui faccio una vita molto isolata e sono di natura una persona prudentissima e scrupolosa».

Benigno, soffrendo di alcune importanti patologie, è stato tra quei dipendenti messi in quarantena a scopo cautelativo. Quindi ha trascorso i mesi di marzo e di aprile chiuso in casa. «A metà marzo – ricorda – non sono stato bene. Ho avuto dei fortissimi dolori articolari, un’astenia mai provata prima in vita mia e ho perso quasi tredici chili perché non riuscivo a mangiare. Ma non avendo avuto né febbre, né problemi respiratori, non ho allertato il mio medico di base e mi sono curato da solo con la Tachipirina. Non ho mai immaginato di poter aver incontrato il Coronavirus, e invece il test ha confermato che, seppure in forma non invasiva, l’ho avuto». Come è stato possibile? «Presumo sui mezzi pubblici di cui mi servivo per andare a lavorare – spiega – prima del Dpcm del premier Conte si viaggiava come sardine, uno addosso all’altro. Non esco e non frequento pubblici esercizi se non per i servizi essenziali, ritengo che sia questa l’unica spiegazione».

Al test sono seguiti i due tamponi, entrambi risultati negativi, che gli hanno consentito di poter rientrare in ufficio. «Ma ora quello che più mi manca è la mia famiglia, mia moglie e i miei tre figli – dice – Non li vedo dal 29 dicembre e, a oggi, se volessi tornare a casa, sarei costretto a fare quattordici giorni di quarantena. Sarebbe la terza, se calcoliamo che tra test e tamponi sono rimasto in casa per altre due settimane in attesa dei risultati. E quello è stato anche il momento peggiore, perché non era scontato che fossi completamente guarito».
 
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