Il protocollo contro la malamovida potrebbe essere un passo avanti ma attenzione ad abbassare la guardia soprattutto in merito alla crisi socio-economica che attanaglia la città. I gestori dei locali di Salerno guardano in parte di buon occhio la strada intrapresa dal prefetto Francesco Russo nel corso del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica tenutosi venerdì ma fanno (quasi tutti) una riflessione più ampia. Più controlli non guasterebbero certamente perché tanti si vedono costretti a fare da sé, a tutela di esercizi commerciali e soprattutto della propria incolumità e di quella dei dipendenti. Bene il coinvolgimento per altri ma forse l’escalation criminale di cui si è resa protagonista la città di Arechi dal centro alla zona orientale affonda le radici altrove e non soltanto nel fenomeno dell’alcol ai minori.
LE VOCI
Donato Giudice, vicepresidente Aisp ha le idee chiare: «Il problema principale rimane capire come aiutare le persone che assumono sostanze stupefacenti e alcol, seguendole in una rieducazione. Non si può parlare di escalation criminale ma di vera e propria crisi. Ben venga l’adozione di un protocollo, è positivo ma bisogna capire in che consiste e soprattutto poi fino a che punto viene rispettato. Ci sono tanti fattori da valutare – ha dichiarato Giudice, titolare di un bar - dovrebbero fare più controlli in strada ed essere presenti sul territorio. L’alcol ai minori può creare disagi e in gruppo si creano situazioni in cui si oltrepassano i limiti. Fra un po’ saremo costretti utilizzare gli strumenti che usiamo per lavorare come armi per tutelarci perché facciamo tanti sacrifici e l’esasperazione è tanta, soprattutto per chi lavora nell’ambito della ristorazione. È una cosa positiva il protocollo ma non può darci tanta sicurezza. I ragazzi vanno educati, partire dalla prevenzione è un bene ma tutti sono facilmente influenzabili dai social, è un discorso complesso. Secondo me più posti di blocco e azioni repressive potrebbero servire molto di più probabilmente».
A parlare di una rieducazione culturale del settore è Enzo Bove. Lo stesso esperto gestore di più locali in città è stato qualche giorno fa “vittima” in prima persona di danneggiamenti (su cui indaga la polizia) al suo “Porca Vacca”. «Il problema non è solo dei ragazzi ma anche di chi gli dà da bere. Se io sono un gestore responsabile, evito determinate cose - ha sottolineato Bove - a differenza di tanti anni fa, ci sono i social e quindi ciò che avveniva prima difficilmente balzava agli onori della cronaca. Oggi i social amplificano anche microepisodi. Viviamo in un territorio difficile. Ci dovrebbe essere più collaborazione da parte dei cittadini: questi ultimi sono genitori e devono educare i propri figli, lo stesso cittadino è un gestore. Sembra facile a dirsi, ci vorrebbe una cultura della movida responsabile. In merito al percorso da seguire insieme alla prefettura, alle istituzioni e alle forze dell’ordine infine: Il prefetto è persona seria e capace, io seguirei gli inviti e gli indirizzi che dovessero provenire da tale personalità. Sul problema sicurezza, invece mi sento di dire che io oggi non è che mi sento meno sicuro dell’altro ieri»,