Violenza tra Scafati e Pompei: non solo induzione alla prostituzione ma anche maltrattamenti ingiusti ai figli

Dalle carte dell'inchiesta anche una serie di soprusi: figli picchiati e senza cure mediche

Abusi e maltrattamenti su minori
Abusi e maltrattamenti su minori
di Nicola Sorrentino
Giovedì 23 Novembre 2023, 06:30 - Ultimo agg. 08:32
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C’erano le punizioni, sia corporali che di altro genere, come tenere chiuso in stanza uno dei tre figli. In barba alla sua salute. Poi c’erano le mancanze di entrambi, nonostante quell’esercizio della responsabilità genitoriale venuto meno, come diritto essenziale, secondo le indagini della procura di Salerno. La storia che racconta dei presunti maltrattamenti nei confronti dei tre figli, da parte della coppia di Pompei, finita in carcere giorni fa, sarebbe durata almeno 15 anni. Dal 2008 al 2023.

Nelle carte degli inquirenti vengono ben delineati i ruoli di entrambi, lui 43enne e lei di 40 anni, nel percorso di crescita ed educazione dei minori. I comportamenti dei due genitori avrebbero, insomma, reso vessatorio e mortificante lo stile di vita dei tre ragazzini, in ragione di aggressioni, privazioni, mortificazioni, incuria e totale disinteresse nel loro percorso di crescita, oltre che di salute, con conseguenze spesso anche drammatiche.

La minore che sarà poi costretta a prostituirsi per volere della mamma, secondo le accuse, sin dall’età di 5 anni sarebbe stata più volte picchiata dal padre, ad esempio, perché faceva la pipì a letto.

Una violenza consumata con un ferro da stiro una volta, con un mestolo la seconda, che l’uomo le lanciò in fronte, procurandole una vistosa cicatrice. Una violenza spesso “immotivata”, con il genitore che avrebbe negato alla figlia non solo il cibo ma anche le cure ospedaliere, dopo averla ferita. Durante uno di questi episodi, così come ricostruito dalle testimonianze agli atti, alla piccola furono strappati i capelli al punto che la stessa, dopo un pò, decise di tagliarli e mantenerli corti. Forse per nascondere i segni di quella violenza. A questo si aggiungono lividi ed ecchimosi sulle braccia. Altre volte veniva obbligata a star ferma, in piedi, vicino al muro, mentre la sorellina era costretta a guardare. Anche per lei volavano schiaffi, così come l’impossibilità di ricorrere alle cure mediche, se si faceva male in casa. A tutto questo avrebbe assistito la madre, che non avrebbe mai fermato il marito. Anzi. La prima figlia veniva rimproverata e minacciata di nuove percosse, se non avesse ubbidito al padre. >

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C’è poi lei, la madre, sulle quali pesano - nell’economia dell’inchiesta - anche le contestazioni di natura sessuale. L’accusa di maltrattamenti richiama, infatti, quello che la donna avrebbe imposto alle due figlie. La più piccola sarebbe stata portata a casa di uomini, che le avrebbero fatto più volte avance di natura sessuale, mentre si trovava in cucina. Nei riguardi della più grande, invece, la donna avrebbe permesso al terzo indagato, finito in carcere, di abusare di lei. In qualche occasione avrebbe assistito a scene del genere anche il figlio maschio, di 11 anni, che fu allontanato e picchiato dallo stesso uomo che stava approfittando della madre e della sua sorellina. Questo avvenne perché il piccolo rientrò in camera mentre i suoi occhi si consumava un amplesso tra l’indagato, la sorellina e la madre. In quella casa, la donna si recava per svolgere servizi di pulizia.

I due genitori avrebbero gestito in modo del tutto superficiale gli stessi problemi fisici del figlio maschio, portatore di handicap per via di una disabilità intellettiva. Stando all’inchiesta, il minore mangiava solo pastina in bianco e omogeneizzati, invece di cibo maggiormente nutriente e utile alla sua salute. Lo stesso ragazzo avrebbe più volte chiesto cibo consistente, in preda alla fame. I genitori, di tutta risposta, lo avrebbero chiuso in stanza, non preoccupandosi di fargli svolgere esami clinici per verificare le sue condizioni di salute. Tutte cose che avranno la peggiore delle conseguenze, quando il 4 maggio scorso il minore fu colto da un malore a scuola, al punto da richiedere l’intervento del 118. Il referto era chiaro: «anemico, malnutrito, pallido».

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