Salerno, donna nega il riconoscimento al padre della figlia per costruire la sua famiglia Arcobaleno

La ragazza aveva programmato tutto: a dare ragione all'ex compagno il tribunale dei Minori di Salerno

Il diritto alla paternità: il caso
Il diritto alla paternità: il caso
di Petronilla Carillo
Lunedì 12 Febbraio 2024, 06:00 - Ultimo agg. 16:39
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«Avverto il bisogno di raccontarmi non per dar sfogo all’amarezza ma soltanto per sostenere chi sta vivendo magari la mia stessa dolorosa esperienza, affinché, leggendo, possa trarre la forza di battersi per essere riconosciuto come padre e soprattutto per garantire al proprio bambino, nato fuori dal matrimonio, il diritto di viversi il suo papà, com’è giusto che sia. Per me infatti è stato difficilissimo lottare contro l'egoismo di una madre che, nel tentativo di imporre alla mia bambina una genitorialità totalmente fittizia, ha fatto addirittura perdere le sue tracce prima del parto. Alla fine, ce l’ho fatta soltanto perché ho tenacemente lottato e non mi sono mai arreso». È l’amaro racconto di un uomo che si era innamorato di una ragazza che lo ha ingannato, lo aveva (forse) manipolato fin dall’inizio soltanto per avere un bambino. Fin qui potrebbe sembrare una storia come tante ma dietro c’è di più: si tratta difatti di uno spaccato di vita contemporanea che si scontra con un vuoto normativo che ogni giorno fa sentire sempre di più il suo peso: Lei aveva una compagna e quel figlio non voleva farlo riconoscere al padre naturale ma doveva essere il perno per costruire la sua famiglia arcobaleno raggirando le regole. Però il padre è riuscito a riconoscere la bambina grazie alla sua testardaggine e a seguito di lunghe indagini svolte dalla Procura dei Minori (competente sul riconoscimento della paternità prima della riforma) e di una sentenza emessa dal tribunale.

I due si erano coonosciuti per caso.

Avevano anche una importante differenza di età ma, difronte all’amore, questo potrebbe non contare. Iniziano una relazione e, dopo due mesi, lei resta incinta. Lo comunica al suo compagno che le chiede di convivere ma lei, con la scusa che voleva completare l’Università prima della nascita della bambina, rinvia tutto a dopo l’evento. Lui le crede, è al settimo cielo: la segue nel percorso medico ginecologico, le paga tutti gli accertamenti. Arrivano al settimo mese di gravidanza. È allora che lei fa perdere le tracce di se facendo così impazzire il suo compagno: l’uomo non conosceva la sua famiglia, non aveva alcuna idea di dove potesse essere. Così si rivolge ad un avvocato e iniziano il percorso con i giudici minorili. Attraverso foto, documenti medici e poche (nonchè sommarie) notizie sulla ragazza, la stessa viene rintracciata all’estero: si era trasferita dalla sua “vera” compagna con la quale condivideva le ultime settimane di gravidanza in attesa del parto. Il suo piano era di vivere con la sua compagna e crescere insieme la bambina da genitore uno e genitore due. Soltanto quando il piano è stato portato alla luce, il padre disperato ha visto riconoscere i propri diritti.

Sul caso si esprime anche l’avvocato Alba De Felice, esperta di materia familiare e presidente onorario dell’Ami. «Effettivamente questo caso, per quanto paradossale, evidenzia una notevole lacuna del nostro sistema legislativo. Infatti, in un’epoca in cui, soprattutto dopo la riforma sulla filiazione, si parla tanto di eguaglianza sostanziale tra figli nati fuori oppure in costanza di matrimonio, risulta a dir poco aberrante l’assenza di tutela della bigenitorialità in capo al nascituro di una coppia non unita in matrimonio - commenta l’avvocatessa - Tanto perché, in tale ipotesi, il diritto al riconoscimento del proprio bambino da parte del padre diventa estremamente difficoltoso qualora venga concretizzata opposizione materna, diventando poi quasi impossibile ovemai, come nel caso qui prospettato, la madre, prima del parto, faccia addirittura perdere le sue tracce. A quel punto, gli scenari ipotizzabili diventano - per questo povero padre - davvero angoscianti e soltanto una attenta, anzi capillare, attività d’indagine da parte della Procura potrà rendere per lui possibile l’esercizio del diritto al riconoscimento. Invece, per un bimbo nato in costanza di matrimonio alcun simile rischio sarebbe ipotizzabile poiché, in quel caso, vige la presunzione, quasi assoluta, di paternità».

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