«Mi sentivo in trappola, sono tornata al Sud
ma rispetto le regole e mi metto in quarantena»

«Mi sentivo in trappola, sono tornata al Sud ma rispetto le regole e mi metto in quarantena»
di ​Laura Naimoli
Lunedì 9 Marzo 2020, 07:00 - Ultimo agg. 13:24
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Il giorno dopo l’assalto ai treni per la corsa di ritorno vero Sud si registrano centinaia di arrivi in tutta la provincia. Sui social, la tendenza è quella di inveire contro chi è in viaggio per la paura dei contagi. Eppure una fuga responsabile oltre che necessaria. A raccontarlo è Maria Falcone, ventenne ebolitana, studentessa alla facoltà di giurisprudenza dell’Università Bocconi di Milano.
 

Perché non sei partita subito per tornare a cassa e ha preferito aspettare fino a sabato?
«Due settimane fa, quando l’Università è stata chiusa, ho deciso di restare a Milano. Non erano ancora chiare le dimensioni della diffusione del contagio e mai avrei potuto immaginare che di lì a pochi giorni la situazione avesse assunto un risvolto così drammatico. Inoltre, prima di tornare a casa avevo la necessità di essere certa di non aver contratto il virus per tutelare la mia famiglia. I corsi all’Università sono frequentati da ragazzi di tutto il mondo e ci sono studenti che provengono anche dai paesi individuati, poi, zone rosse, come Lodi e Codogno. Così ho scelto l’autoquarantena».

Come ha provveduto all’approvvigionamento?
«La fortuna ha voluto che, proprio il giorno prima, mi fossi recata a fare la spesa nelle quantità necessarie per provvedere a tre o quattro giorni. I miei genitori poi mi hanno spedito il famoso pacco dal Sud pieno di cibo familiare che mi ha fatto sentire meno sola e, la seconda settimana ho fatto la spesa online, presso una catena di supermercati che effettua consegne a domicilio. Il fattorino, munito di guanti e mascherina, mi ha lasciato la spesa davanti alla porta. Io ho aspettato che lui si infilasse nell’ascensore prima di uscire a recuperarla».

Come mai poi hai deciso di tornare a casa sabato notte?
«In realtà, considerato il susseguirsi degli avvenimenti che nulla di buono presagivano, con cancellazione della sessione d’esame, avevo deciso di tornare a casa una volta scaduto il quattordicesimo giorno della quarantena. Con i miei abbiamo pensato che il modo meno rischioso per me e per gli altri fosse tornare in auto».

Com’è andato il viaggio?
«Mio padre è venuto a Milano sabato mattina, proprio mentre si paventava la possibilità che la Lombardia venisse delimitata come zona rossa. Non vi era la certezza, ma col passare delle ore, la fuga della notizia sul decreto che avrebbe firmato il presidente Conte di lì a breve, ha gettato tutti nel panico. Mio padre ha immediatamente chiamato il numero verde della Regione Lombardia per spiegare che stava entrando in regione per prendermi e portarmi a casa. Non ho dovuto effettuare alcun tampone dal momento che non presentavo sintomi e avevo già osservato la quarantena in via precauzionale. L’idea era quella di ripartire il mattino dopo, ma sempre più insistente era il pericolo di rimanere bloccati a Milano. Così, in tutta fretta, siamo ripartiti. Abbiamo chiamato la polizia municipale di Eboli per lasciare loro il mio nominativo, comunicando il mio ingresso in città. La Asl mi ha detto che, non avendo sintomi, non era necessario effettuare il tampone. Ora devo rimanere in quarantena ad Eboli per altri quattordici giorni».

Hai avuto paura?
«Mi sono sentita in trappola. Ho avuto paura di non avere più la possibilità di tornare a casa. Il mio pensiero è subito andato a quanti sono costretti a scappare dal proprio Paese per sopravvivere. Ho sentito forte la paura di trovare qualcuno che fermasse il mio viaggio verso casa. Da questa terribile esperienza è necessario che la nostra comunità tragga un importante insegnamento: la libertà va custodita come la conquista più preziosa».

Cosa diresti ai tuoi coetanei che in questo momento sono in viaggio verso il Sud?
«È doveroso rientrare rispettando le regole».

Come vivrai questa seconda quarantena?
«Come facevo a Milano. Guardando dalla finestra quello che accade. Sperando che, finito l’incubo, tutti i sogni tornino al loro posto».
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