“Romeo è Giulietta” al cinema, Giovanni Veronesi: «Con Shakespeare racconto i trentenni in crisi di identità»

«Parlare d'amore ha un sacco di controindicazioni, ma è bello occuparsi in modo intelligente di sentimenti»

“Romeo è Giulietta” al cinema
“Romeo è Giulietta” al cinema
di Titta Fiore
Mercoledì 14 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 07:28
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Romeo e Giulietta? «Romeo è Giulietta». Basta un accento e tutto cambia. Succede nel nuovo film di Giovanni Veronesi, una commedia elegante sul gioco del teatro, sui giovani e sull'identità, che parla d'amore e arriva in sala oggi, a San Valentino, nel giorno più romantico dell'anno. Protagonisti impeccabili Sergio Castellitto e Pilar Fogliati, anche cosceneggiatrice, nel cast Geppy Cucciari, Maurizio Lombardi, Serena De Ferrari, Domenico Diele, con la partecipazione speciale di Margherita Buy e Alessandro Haber. Nella storia (prodotta da Indiana, Capri Entertainment, Vision in collaborazione con Sky), un regista famoso in crisi di ispirazione cerca il rilancio con il più classico dei testi di Shakespeare. Ai provini per Giulietta scarta un'attrice di talento per via di un'ombra nel suo passato professionale. Ma la ragazza, con la complicità di un'amica truccatrice, decide di fargliela pagare e, sotto mentite spoglie, si propone per il ruolo di Romeo ottenendo la parte. Le cose si complicano quando il suo fidanzato viene scelto per il ruolo di Mercuzio. Ma vestire i panni di un uomo le consentirà di scoprire molte cose su se stessa e sulle persone che la circondano. Dice il regista: «Era il film giusto per affrontare con dolcezza e cattiveria un mondo che conosco bene, e fare un mio personalissimo omaggio al teatro che ho frequentato in gioventù, dormendo quasi sempre».

L'impressione è che anche la sua comicità abbia cambiato passo, venandosi di tenerezza.
«Ho sempre in mente le parole del grande Monicelli, che mi diceva: Se vuoi fare la commedia, scordati della comicità.

Se hai una visione ironica della vita, verrà da sé. In questa storia la comicità accompagna il racconto senza stravolgerlo, non l'ho ricercata. E c'è un altro motivo che mi rende il film particolarmente caro».

Quale?
«È il mio primo lavoro orfano di Francesco Nuti. Lui è morto il 12 giugno, il giorno dopo mi hanno detto che avremmo cominciato a girare. Non credo al soprannaturale, ma mi piace pensare che certe coincidenze emotive esistano».

Quasi un passaggio di testimone?
«Francesco era un artista particolare, un attore e un regista, ero io a entrare nel suo mondo. Più che passaggio di testimone, considero il film una sorta di ultimo afflato».

Che ricordi ha della vostra amicizia?
«Negli ultimi tempi m'illudevo che mi capisse ancora e la sua vicinanza mi dava tanta forza. Anche se non mi riconosceva, ma io non ci credo, era vivo, era lì e questa era l'unica cosa che contava. Ci si abitua a tutto pur di non perdere l'affetto delle persone care e quando se n'è andato la botta è stata molto forte. Una volta sono anche tornato in clinica a vedere la sua camera L'ho detto, mi sento orfano».

Torniamo a «Romeo è Giulietta». Con il teatro, il tema più forte è l'identità dei giovani.
«I trentenni di oggi vivono una forte crisi di identità, vanno in ansia da prestazione e non riescono a trovare il loro posto nel mondo. Con Pilar, il mio nuovo alter ego, abbiamo voluto raccontarlo».

E poi c'è l'influencer che fa addirittura Giulietta.
«Alla fine anche lei si sentirà più a suo agio all'ombra di Shakespeare che non sulla scalinata di piazza di Spagna a fare selfie. Ho cercato di proteggerli con il teatro, questi ragazzi, di rassicurarli».

Che cosa ha scoperto, rileggendo Shakespeare?
«Che Romeo e Giulietta è un'opera politica, l'autore non racconta solo di due famiglie che si odiano, ma prende coraggiosamente posizione sulla società della sua epoca. Al contrario di quanto accade ai nostri giorni».

Meglio parlare d'amore?
«Parlare d'amore ha un sacco di controindicazioni, ma è bello occuparsi in modo intelligente di sentimenti, senza paura di apparire melensi. A me piace che le persone si incontrino, la solitudine mi spaventa molto».

Il pubblico italiano sta riscoprendo la commedia?
«Lo spero, la gente si accorge se un autore racconta le emozioni con sincerità. Artisti come Troisi e Nuti avevano l'emozione negli occhi, ti trasportavano nel loro mondo. Per troppo tempo non è stato più così».

Va spesso a teatro?
«Da giovane ne ho visto tanto, ma spesso mi addormentavo, mi è successo persino con il Living Theatre, o la Gatta Cenerentola. Ero in debito con il teatro e ho voluto rendergli omaggio fin dai titoli di testa, facendo cantare ad Alessandra Tumolillo una poesia di Eduardo musicata da Sinagra. Mi sono concesso questo piccolo lusso». 

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