«È difficile guardare un film su se stessi, sul proprio amore». Priscilla Presley, 78 anni molto ritoccati, ha la voce incrinata dal pianto. Nel film che Sofia Coppola ha tratto dal suo libro autobiografico «Elvis and Me», ieri in concorso, ha visto scorrere la sua vita. L'incontro con il cantante nella base americana di Wiesbaden, lei 14 anni e lui già una star, la loro storia unica, la gabbia dorata di Graceland assediata dalle fans, il matrimonio nel 1967 e la nascita di Lisa Marie, scomparsa a gennaio scorso per un'occlusione intestinale, i tanti viaggi di Presley in giro per il mondo, la grande casa vuota, poi la crisi e la decisione di lasciarlo, nel 1972. «La fine del film, quando lei va via, è il momento che mi ha emozionato di più».
Vedere «Priscilla», che ha coprodotto con The Apartment del gruppo Fremantle e Zoetrope dei Coppola, l'ha profondamente turbata. «Per i miei genitori era complicato capire l'interesse di Elvis per me, ero al primo anno delle superiori e stavo lì ad ascoltarlo per ore, lui mi raccontava tutto, le sue paure, le speranze, il dolore mai superato per la perdita della madre, io gli davo conforto, anche se avevo solo 14 anni.
Dopo «Elvis» di Baz Luhrmann con Austin Butler e Tom Hanks nei panni del colonnello Parker, «Priscilla» tralascia l'aspetto pubblico della parabola di «The Pelvis» per concentrarsi sul legame privato tra i due ragazzi, visto con gli occhi di lei. Un film femminista? «Un racconto di formazione, volevo mostrare come si costruisce un'identità forte, ma anche il ruolo delle donne in quegli anni, i cliché familiari, e la storia di una ragazzina che diventa donna, cresce all'ombra di una favola d'amore e piano piano prende coscienza di sé. Quando ho letto il libro sono stata colpita dalla franchezza di Priscilla, ho sentito la responsabilità di portare sullo schermo la sua storia». Nei panni della protagonista c'è la giovane Cailee Spaeny: «La vita di Priscilla è emblematica e tocca temi universali, io ho avuto il suo supporto e mi sono lanciata». Elvis è Jacob Elordi, uno degli interpreti di «Euphoria». Come è stato misurarsi con una leggenda? «Non ci ho pensato, mi sono attenuto al libro, ma sono stato colpito dalla forza del loro amore, capace di sfidare il tempo».
Sofia Coppola racconta di aver lavorato a stretto contatto con Priscilla. Cosa ha scoperto? «Mi sono fatta descrivere i dettagli, il dietro le quinte del loro rapporto, la prima fase in Germania, il desiderio di lui di diventare un attore e la sua frustrazione. Elvis e Priscilla erano una coppia leggendaria, eppure se ne sapeva così poco». Essendo la produzione indipendente, la regista e gli attori hanno potuto partecipare alla Mostra in deroga allo sciopero che blocca Hollywood. Cosa ne pensa Sofia? «Appoggio totalmente la battaglia dei sindacati per il giusto compenso e spero che il problema si risolva presto. Tutti vogliamo tornare a lavorare».
Una standing ovation ha accolto l'altro film del concorso, «Evil does not exist» del premio Oscar Hamaguchi Ryusuke («Drive ma car»), una storia sulla necessità di rispettare la natura pena la sopravvivenza del genere umano. E fuori concorso è passato il bel film di Luca Barbareschi «The Penitent», testo di David Mamet e già portato con successo in teatro. Poca gente in conferenza stampa: «Mi sento privilegiato e felice lo stesso, sono a Venezia da produttore con un film diretto da Polanski e uno diretto da me, non mi faccio rovinare il momento».