BigMama a Sanremo 2024: «Al festival per sentirmi libera e figa»

«Non dico che grasso è bello, ma che grasso è normale, come è normale essere alto, basso, magro, queer»

C'è BigMama a Sanremo
C'è BigMama a Sanremo
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Domenica 28 Gennaio 2024, 09:00 - Ultimo agg. 18:50
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A Sanremo c'è già stata, l'anno scorso, come ospite di Elodie, nella serata delle cover, tra un bacio saffico e «American woman». Ora ci torna da protagonista, non più da ospite: nata ad Avellino 23 anni fa, cresciuta nel paesino di San Michele a Serino, BigMama vuole ritrovare sè stessa, Marianna Mammone.

Un addio al passato?
«No, ma cambia la mia maniera di reagire.

Nel paesino, e non solo, mi chiamavano: cicciona, culona ed epiteti simili. Ora succede sui social: il mio peso, il mio essere chiatta, continuano ad essere motivo di discriminazione, di disprezzo. Sono grassofobi. Ma oggi io vado al Festival per sentirmi libera e figa».

Come cantavi in «Chupa Chups»: «Sono la tipa figa con il culo enorme». Sei diventata un simbolo della «body positivity».
«Cosa che mi piace, ma vorrei essere persona e non simbolo. Sto prendendo lezioni di canto, cerco di arrivare al Festival il più preparata possibile, anche psicologicamente. So che cosa mi attende: le battute sul mio aspetto».

Di questo parla il pezzo con cui sei in gara tra i big, «La rabbia non ti basta».
«È una lettera che ho scritto a me stessa, a quello che ero, a quella che sono diventata. Implodevo, urlavo dentro di me e nel microfono. Ma bisogna andare oltre, non farsi mangiare vive dalla cattiveria altrui».

Era il 2019 quando Lizzo, in America, impose il suo peso, in ogni senso. In Italia siamo in ritardo?
«Sì, sono ancora la grassa sul palco. Non dico che grasso è bello, ma che grasso è normale, come è normale essere alto, basso, magro, queer».

I leoni da tastiera vincono sempre?
«Non lo so: la notorietà può essere un antidoto. Ti procura fan, persone che ti ringraziano, che ti dicono che le hai aiutate. Quelli che a scuola mi sfottevano oggi, se mi incontrano per strada, mi chiedono scusa».

Li perdoni?
«Spesso sì».

La giovane età non ti ha protetta da dolori precoci.
«Non dissi nemmeno ai miei genitori dello stupro subito a 16 anni. Ci sono voluti tre anni perché capissi che non era amore essere chiuse in un bagno contro la propria volontà. Marianna ha usato come scudo BigMama, ma nemmeno lei poteva evitarle un cancro».

Vuoi raccontarlo?
«A 20 anni ho avuto un linfoma. Ho fatto 12 cicli di chemioterapia, mettevo la parrucca e cantavo senza che nessuno si accorgesse di nulla. È stata dura, ma... ci sono. Ho superato cose più gravi del bullismo, non mi sono buttata giù: ha vinto BigMama».

Ora deve vincere anche Marianna.
«Lei sta bene con me. Le sarebbe piaciuto avere qualcuno ad aiutarla, non una famiglia distratta, professori che la prendevano in giro».

All'Ariston ci sarà Giovanni Allevi, che sta combattendo con un mieloma.
«Siamo la rappresentazione del mentre e del dopo».

Dici che non vuoi tramutarti in simbolo.
«Sono una e mi basto. Ma voglio anche dare voce a chi non ne ha. Chi sono? Una donna, innanzitutto, poi sono artista, queer, grassa. Dietro le etichette sociali, le definizioni, le categorie resta la ragazza che fa musica e che parla di ciò che ha vissuto per far capire che c'è spiraglio di vita e speranza».

Sei una rapper dal flow travolgente, eppure il tuo pezzo alterna l'hip hop alla cassa dritta, alla forma canzone. Neanche Geolier o Ghali, per dirne solo due, sono in gara con un pezzo davvero rap.
«Andiamo a Sanremo con la consapevolezza di voler parlare a tutti, entrare nelle case di chi non ci conosce, presentarsi per bene. Non svendiamo l'hip hop, usiamo il Festival».

«Se ti perdi segui me», dice il tuo testo. E, poi, «se vuoi ballare balla, non puoi sparire». Il 9 febbraio, vigilia di finale, ballerai con al fianco tre «bambine cattive»: La Niña, Gaia e Sissy. Per intonare «Lady Marmalade» delle Labelle.
«Come un inno alle sista, le sorelle. La rabbia non basta, si può dare di più, per dirla alla sanremese». 

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