Gli Ex-Otago a Napoli: «Che panico la dittatura del successo»

«Quando ci ritroviamo tutto siamo tranne che burocratici, leaderisti, ordinati...».

Gli Ex-Otago
Gli Ex-Otago
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Mercoledì 22 Novembre 2023, 11:00
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Quattro anni dopo, gli Ex-Otago tornano in concerto, approdando alle 21 alla Casa della Musica con il loro «Club tour 2023» e le loro canzoni sospese tra ballad romantiche e pop sociale. Compresa, l'ultima, «Panico», divisa con Fabri Fibra.

Come da vostra abitudine, il suono è leggero, il testo no: «Cosa fai stasera, sei ancora vivo?/ Ci vediamo o preferisci il divano?/ Cos'hai fatto poi con il lavoro?/ Mangi merda o li hai mandati affanculo?/ Siamo giovani e lo siamo stati/ E cerchiamo di non essere uccisi/ dal capitalismo, dalle dirette/ dei cantanti pop, delle influencer». Davvero siete prigionieri del panico, Maurizio Carucci? Di un mondo dove il sesso è automatico/ il fallimento è rapido».
«Non credo che siamo i soli, e non vorrei nascondermi dietro il paravento delle guerre, della pandemia, del precariato esistenziale. C'è, di fondo, un non allineamento con un mondo, a cui pure contribuiamo, che ci terrorizza per la sua velocità, per l'ansia di protagonismo, per la dittatura del successo che crea odio e alleva ogni pozzo».

«Panico, panico, panico»: quand'è che ve lo siete detto?
«Ad esempio, una volta che un presentatore ci ha introdotti sul palco, non ha detto che musica facciamo, nemmeno che eravamo andati a Sanremo nel 2019 ma che un nostro singolo aveva fatto tot visualizzazioni».

Le visualizzazioni sono come le dimensioni del sesso maschile: dicono tutto e niente.
«È così, non ci mangi, non spiegano chi sei, che sesso fai, né se c'è nel mondo vero una sola persona disposta ad applaudirti».

Il famoso, degregoriano, «applauso del pubblico pagante». Eccovi, allora, in attesa dell'album nuovo che verrà l'anno prossimo, ripartire dai club, dagli spazi intimi.
«Perfetti per noi, soprattutto in un momento come oggi in cui tutti devono fare San Siro, o il Maradona visto che siamo a Napoli.

Mi viene in mente il “Tour non negli stadi” di Auroro Borealo: ecco, potremmo rubargli il titolo. Il panico di cui cantiamo con Fibra è anche quello dei numeri, della schiavitù dell'hype».

«Quando è moda è moda, quando è merda è merda», cantava Gaber.
«Non scomodiamo paragoni troppo altisonanti».

L'anno scorso hai esordito come solista con «Respiro» e ha fatto lo stesso il chitarrista Francesco Bacci, che poi vi ha lasciato, sostituito in tour da Giorgia Sudati. È difficile tenere insieme gli Ox-Otago?
«È difficile anche tenere insieme Maurizio con Carucci, ma noi abbiamo bisogno di quello che abbiamo costruito fuori dalla musica, di ritrovarci a parlare, a discutere, a raccontarci, ad ascoltare musica, a ridere. L'avventura solista mi serve a capirmi meglio, quella collettiva mi permette di sentirmi realizzato in un piccolo collettivo».

Il vostro concittadino De André sperava di realizzare l'anarchia almeno nelle riunioni di condominio. Voi ci riuscite?
«Altro paragone pesante, soprattutto per noi. Che dire? Di sicuro quando ci ritroviamo tutto siamo tranne che burocratici, leaderisti, ordinati...». 

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