Mahmood torna con «Ghettolimpo»:
«Soldi e successo fan perdere la testa»

Mahmood 2021
Mahmood 2021
di Federico Vacalebre
Venerdì 11 Giugno 2021, 15:29
5 Minuti di Lettura

«Il successo fa male alla testa/ se pensi di non essere all'altezza».
Già, perché non parliamo solo di «Soldi, soldi, soldi», l'ha capito anche Nanni Moretti. Parliamo, piuttosto, della rapidissima ascesa di Alessandro Mahmoud, per tutti semplicemente Mahmood, voce della nuova «Gioventà bruciata» (era il titolo del suo primo album, del 2019) quanto del «Ghettolimpo», titolo del suo nuovo album, in uscita oggi, urban ma anche sperimentale, destinato alle classifiche, ma anche ad un'ulteriore ridefinizione del termine cantautore: lui non è un cantautore classico, non è un rapper, non è un trapper, non è un personaggetto indie, ma tutte queste cose insieme, e anche molto di più. Per farla breve: un disco, bello, immediato eppure complesso, spiazzante, meticcio, orgogliosamente multikulturale, che dice di lui, ma anche dei nostri ragazzi, inquieti come i ragazzi di sempre, ma più di sempre senza punti di riferimento.
Perché quel neologismo, «Ghettolimpo»? Sei tu partito dal ghetto ed arrivato all'Olimpo?
«No no, anzi basta con questa retorica del ghetto. Possono fare arte anche le principesse che vivono in un castello, se hanno da dire, se lo sanno dire, se sono sincere. In Ghettolimpo nessuno è immortale e nessuno è un semplice mortale, siamo tutti sospesi tra l'inarrivabile e la realtà quotidiana, a metà strada tra il cielo e la terra».
Eppure inizi parlando di «Dei».
«La mitologia greca è una mia passione sin da ragazzino, ed è al centro di questo disco come i videogiochi».
«Nelle tasche avevo nada, ero cool non ero Prada» canti in «Dorado». Poi sono arrivati i «Soldi, soldi, soldi». All'epoca scrivevi in bus e spendevi tutto in car sharing. E ora?
«E ora scrivo soprattutto in aereo, pandemia permettendo. E spendo tutto in cibo».
Che cosa mangi di così costoso?
«Non ho vizi, non compro macchine, gioielli, ma mangio tanto e sto cercando casa, sono ancora in affitto, vorrei comprarne una. Ora guadagno bene, certo, ma non per questo voglio diventare un privilegiato, cerco di rimanere quello di sempre».
Ovvero?
«Alessandro che ama incontrare gli amici, abitudine sconvolta, anzi cancellata, dalla pandemia».
Possibile che dopo il successo nemmeno il sesso brilli? «Se fosse solo una scopata/ quelle belle le posso contare sulle dita», canti in «Talata».
«Parlo di una persona specifica, per fortuna di scopate belle ne ho avute qualcuna di più».
Il tuo disco è un lavoro di equipe: Muut, Francesco Fugazza, Francesco «Katoo» Catitti, Salvatore Sini. Ma le presenze fondamentali sono due: naturalmente Dardust/Dario Faini sul fronte sonoro e il napoletano Davide Petrella su quello dei testi.
«Con loro ci siamo trovati una prima volta per far nascere Barrio, poi Zero, poi Klan. Davide è fonte di ispirazione continua, io metto cose molto personali nelle mie canzoni, ma lui sforna un fiume di parole e io devo capire cosa va bene per me. È divertente lavorare con loro, ho imparato molto da Dario, il suo modo di aprire le armonie, e da Davide, che scrive come un rapper, ha un'immediatezza straordinaria».
Come nasce una tua canzone?
«Di solito partiamo sempre da un beat, da degli accordi. Klan è nata da un fischio che aveva portato Dario, poi abbiamo iniziato a scegliere i groove, i synth, il basso, la melodia... L'abbiamo scritta a Napoli, in questo studio fighissimo dove si vedeva tutto il mare, che poi era una casa che loro due avevano trasformato in sala di registrazione. Barrio partiva da un beat di Charlie Charles rielaborato da Dario e su quello abbiamo messo le parole. Ma non abbiamo abitudini: può succedere che io dia una melodia a Davide per cercare dei versi, oppure che in principio ci sia una cosa che voglio dire».
«Baci dalla Tunisia» è uno degli snodi del disco.
«L'ho scritta a Cannes, con un ragazzino di 17 anni, ci abbiamo messo due ore, poi Dardust l'ha rielaborata. È la canzone da cui parte tutto, scritta dopo il Sanremo vinto e prima dell'Eurovision song contest».
Iniziavi a sentirti a disagio con il successo esploso dopo il Festival del 2019: «Giri per strada co sti stronzi, fai a gara a chi mi odia di più mentre mi guardi alla tv», dice il testo.
«Io arrivavo a casa dei miei amici e mi dicevamo: Guarda che sei in tv, mi faceva strano. Infatti in Ghettolimpo canto: Del mio Narciso è rimasto il sorriso più brutto. Non mi piacevo allo specchio, non mi piacevo nelle foto. Soldi aveva cambiato il mio stile di vita, il successo ti può mangiare vivo».
La odi quella canzone? È di questo che parla la copertina del disco con Mahmood/Narciso che si specchia in un mostro?
«No, quel pezzo spacca sempre e comunque e mi ha dato i... soldi, come dicono le signore quando mi incontrano per strada».
In «Karma» c'è Woodkid. In «Rubini» duetti con Elisa.
«Avevamo scritto un pezzo insieme, ma non l'ho messo nel disco. In Universal mi avevano, però, fatto sentire un suo esperimento: l'ho preso, ho riscritto la strofa, ho registrato il ritornello, sono andato in Toscana e... Stimo Elisa tantissimo, da ragazzo ero andata a vederla con mia madre in concerto. Questo è l'unico brano che mi riporta all'adolescenza, a scuola mi bullizzavano perché ero diverso, perché mi vedevano diverso. Mi sono battuto tanto per il ddl Zan: so cosa significa sentirsi offesi».
«Ghettolimpo» inizia come il canto di un muezzin.
«Quello volevo imitare. Ho messo nel disco quel poco di lingua egiziana che ho imparato, so contare sino a 10 in egiziano e lo faccio in Talata».
Più delle radici, paterne, arabe, contano le radici sarde materne.
«Sì, è difficile imparare l'arabo se in casa parli il sardo. T'amo è dedicato a mia madre, con quelle due parole che faccio sempre più fatica a dire a qualcuno che non sia lei. Grazie alla mia cuginetta di Orosei ho inserito un coro che canta No potho reposare, un brano tradizionale, le mie radici».
«Con me hai visto tutto il peggio prima del cash», le dici. E poi: «Non è facile da sola crescere/ chi per metà ti ricorda l'uomo che ti ha lasciato».
«Lei significa davvero tanto per me, persino troppo».
Un manga da coautore, gli abiti creati da Riccardo Tisci per il video di «Inuyasha», la coreografia di «Klan» che ti vede per la prima volta ballare. Cosa altro hai in serbo.
«Essere Mahmood».
Torniamo a «Soldi»: ha conquistato persino Nanni Moretti.
«Quando mi hanno detto che per celebrare il ritorno a Cannes aveva condiviso sui social un video in cui cantava il mio brano sono rimasto di sasso. Ed ora sono curiosissimo di vedere il suo nuovo film, Tre piani».
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