Alan Sorrenti e i «Figli delle stelle»:
«Quel disco fu uno choc per tanti»

Alan Sorrenti 2017
Alan Sorrenti 2017
di Federico Vacalebre
Sabato 28 Ottobre 2017, 15:30 - Ultimo agg. 15:52
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Quarant’anni fa «Figli delle stelle» fu uno shock: Alan Sorrenti, il freakkettone partenopeo-gallese che aveva incantato la generazione che sognava la rivoluzione con i suoi primi due lp di sperimentazioni vocali alla Tim Buckley/Shawn Phillips sembrava aver «venduto» l’anima al diavolo, rappresentato in quel fatidico 1977 dalla disco music.
Quarant’anni dopo quel disco torna, come si usa in questi tempi di eterno riciclo, in una «anniversary edition», nei negozi il 2 novembre: su doppio cd, o su vinile, al disco originale rimasterizzato si aggiunge un secondo con brani strumentali, remix, curiosità: ormai non si butta via niente. Il brano del titolo, intanto, è tornato per l’ennesima volta in circolazione: se nel 2010 divenne il titolo di un film di Pellegrini con Favino e Battiston, se nel 2012 fu riletto dai Deproducers, che ne fecero una cover poi usata come colonna sonora per conferenze spaziali (ed ora gratificata dall’essere ammessa nella nuova versione dell’album), rieccolo risuonare con la voce del suo autore in «Terapia di coppia per amanti».
Nel film di Federici tratto dal romanzo di Diego De Silva e interpretato dalla Angiolini, Sermonti e Rubini, c’è anche lei, Sorrenti, per un divertente cameo. Parliamo di quella canzone, di quell’lp, sua croce e delizia?
«Proprio così: croce e delizia, anche se quello che successe era nell’aria».
Ricordiamo quello che successe?
«Ricordiamo un po’ di cose: il disco arrivava dopo un lavoro già di transizione, come “Sienteme, it’s time to land”, dopo i fischi presi al Festival della gioventù studentesca di Licola del ‘75 dove venni sommerso dalle lattine, sino a dover interrompere l’esibizione. Per qualcuno ero troppo sperimentale, per altri troppo politico: non ero un militante, ma un esploratore, volevo andare oltre il prog di “Aria” e “Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto”».
In mezzo c’era stato anche il successo di «Dicitencelle vuje», con cui aveva riportato un classico napoletano in hit parade.
«Ai corifei di Lenin, Marx e Mao anche quello era sembrato un tradimento della causa. Era sul mio terzo lp, quello che portava il mio nome. Mi piaceva lavorare sulle mie radici, sulla mia cultura. Ma anche guardare al mondo: ero stato in Nepal, ero tornato dall’Africa con registrazioni preziose per il mio prof. di etnomusicologia al Dams, Roberto Leydi, e la voglia di aggiungere ritmo alle mie armonie vocali, ero pronto per l’America, terra promessa di noi rockettari della periferia del villaggio globale».
A Los Angeles fece alcuni incontri fondamentali per l’evoluzione, o involuzione dicono i detrattori, del suo sound.
«Fu realmente un incontro di stelle. Negli studi di Jay Gradydon, due Grammy e tante leggende nel suo curriculum di produttore (Al Jarreau, Barbra Streisand, Diana Ross, Marvin Gaye), c’erano David Foster (Madonna, Celine Dion, Bee Gees, George Harrison, ma anche Bocelli e Pausini) e David Hungate dei Toto: non era discomusic anche se ero felice di far ballare i miei coetanei, di riprendermi il corpo dopo aver per troppo tempo badato solo alla testa. Era la crema del “LA sound”, era funkypopsoul e il riff di chitarra del singolo, molto stile Chic e Earth, Wind & Fire, è rimasto negli annali».
Oltre un milione di copie vendute, primo posto in classifica scalzando l’Anna Oxa della sanremese «Un’emozione da poco» prima di essere a sua volta sorpassato dai Bee Gees di «Stayin’ alive».
«Anche i fratelli Gibb erano accusati dall’intellighentia militante. Ma loro sono rimasti, come il mio singolo prodotto da Phil Ramone, di cui non devo certo fornire il curriculum: chi si ricorda più dei nostri detrattori?».
Erano anni tossici, Alan, anche per lei, oltre che anni di piombo. Chi erano in quel 1977 figli delle stelle? «Pronipoti di sua maestà il denaro», come insinuò Battiato?
«Erano uomini e donne che sentivano di appartenere al cosmo, non solo al nostro pianeta. Non a caso in scaletta c’erano pezzi come “Donna luna”, insieme a un’altra rilettura di una storica melodia napoletana, “Passione”».
Che cosa succederà dopo la celebrazione di questo quarantennale? Porterà in tour «Figli delle stelle»?
«No, però... Entro ottobre dell’anno prossimo riusciranno i miei primi tre lp progressive, forse anche il quarto, poi anche gli altri due del trittico pop, “Tu sei l’unica donna per me”, un altro megahit, e “Non so che darei”. Intanto, ho registrato per la prima volta due brani con mia sorella Jenny, “Vorrei incontrarti” e “Sienteme”, usciranno ad inizio 2018 sulla riedizione del suo “Prog explosion”, inciso con i nuovi Saint Just. Chissà, forse sarà tempo di concerti prog, forse di trovare il modo di far uscire due o tre brani nuovi che ho scritto, forse di restare tra... i figli delle stelle».
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