Carboni, il tour parte da Napoli:
è più fisico che politico

Luca Carboni all'Austeo di Napoli fotografato da Antonio Di Laurenzio
Luca Carboni all'Austeo di Napoli fotografato da Antonio Di Laurenzio
di Federico Vacalebre
Mercoledì 5 Febbraio 2014, 14:01 - Ultimo agg. 14:32
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Parte da Napoli, dopo un’anteprima a Rimini, il tour di Fisico&politico con cui Luca Carboni porta on the road il suo album del trentennale. Più fisico che politico, compatto ma ancora da rodare, lo show applaudito da un Augusteo semipieno lascia a casa gli ospiti convocati su disco e rilegge senza troppe sorprese il repertorio del bolognese, cantautore con tendenze al talkin’, all’iterazione ritmica capace di trasformarsi in frase-tormentone, al minimalismo post-dalliano.



L’incipit con «La mia città» mostra la sua faccia migliore, la sua versificazione emozionale, il suo racconto di piccole sensazioni che non ha paura di interrompersi, perdersi, ritrovarsi, essere tenero e insieme cattivo. Poi, tra brani più o meno recenti, si srotola un campionario di successi che si concede due sole digressioni: «C’è sempre una canzone», un regalo di Ligabue, e all’inizio dei bis, «Piazza grande», omaggio a Dalla che fu il primo a a scommettere su Luca.



«Lo so che siete più bravi dei miei concittadini», dice dal palco Carboni riferendosi al pasticciaccio brutto di Bologna-Napoli. E il pubblico partenopeo più «bravo» lo è davvero e si scioglie in un coro («Lucio, Lucio Lucio») prima di intonare con lui lo struggente fado di una diversa bolognesità.



«Persone silenziose» e «Gli autobus di notte» sono perle di una cantautorato trascurato ingiustamente, «Silvia lo sai» - iniettata di tastiere - è una storia feroce e sfacciata che una melodia corriva fa confondere con «Farfallina» e «Fragole buone buone». «Inno nazionale» e «Ci vuole un fisico bestiale» (con la voce di Jovanotti però) sono cronache di ordinaria sopravvivenza, raccontano il popolo italiano rinunciando alla retorica dei santi, eroi e navigatori, per descriverci come bandiere al vento, ieri troppo fascisti, poi troppo democristiani, troppo comunisti, troppo democristiani...



Affinità e divergenze spariscono nel lasso di una strofa come nel tempo di una votazione in parlamento, opposti estremismi convergono in larghe intese che, per reggerle, ci vuole davvero un fisico bestiale.



È più fisico che politico per questo, appunto, il concerto che porta la firma di Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Vince Pastano alle chitarre, Fulvio Ferrari alle tastiere. Successo caldo, prima dei titoli di coda con «Fisico&politico» c’è «Mare mare»: «Poi lo so che torno sempre a naufragare qui».
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