Andrea Purgatori morto a 70 anni per una malattia «fulminante». Addio alla voce libera del giornalismo

Ieri è scomparso a Roma, a 70 anni, l’autore di celebri inchieste da Ustica al caso Moro. Cronista di razza e volto noto di La7, era sempre in cerca della «miglior versione possibile della verità»

Andrea Purgatori, addio alla voce libera del giornalismo. Autore di celebri inchieste, aveva 70 anni
Andrea Purgatori, addio alla voce libera del giornalismo. Autore di celebri inchieste, aveva 70 anni
Mercoledì 19 Luglio 2023, 09:45 - Ultimo agg. 20 Luglio, 12:58
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Ha blindato con il silenzio gli ultimi passi. Una brutta diagnosi lasciava presagire il peggio e lui ha chiuso i contatti con tutti, all’improvviso, forte dell’abbraccio dei tre figli. Si è spezzata così la vita di Andrea Purgatori, oggi volto notissimo di La7 con il suo Atlantide ma per quasi mezzo secolo cronista di razza, giornalista d’inchiesta per il Corriere della Sera dov’era entrato giovanissimo dopo il Master of Science in Journalism della Columbia University di New York, autore di cinema, film, documentari, talk show. Regista, sceneggiatore, impegnato come autore su tutti i fronti dello spettacolo. Andrea aveva una ossessione: «Cercare la miglior versione possibile della verità».

Andrea Purgatori, la malattia fulminante e la morte in ospedale. «Era scomparso, aveva chiuso tutti i telefoni»

Una linea di condotta che ne ha fatto con il tempo e con l’esperienza un Maestro, schivo e schietto, ostile ai facili protagonismi della notorietà, sempre chinato sulla ricerca dei fatti come sono accaduti e non come fa comodo raccontarli.

C’era in lui una ostinazione mai ostentata nella ricerca delle prove, alimentata dalla convinzione che il mestiere deve possedere il coraggio imposto dalle circostanze anche quando i soggetti sono mafiosi, terroristi, malavitosi che non sopportano intrusioni. La cura delle fonti, sempre tenute al riparo dagli spifferi, la forza di faticare giorno e notte per le strade più impervie e perigliose, un rigore e un’etica che poteva perfino far sorridere per quanto fosse caratteriale e senza sfumature.

SARCASMO

Ma anche l’ironia venata a tratti dal sarcasmo contro i luoghi comuni e certi stereotipi del mestiere, le occhiaie dirompenti per una invincibile insonnia, i capelli arruffati come da un improvvido colpo di vento, il sigaro, mezzo Toscano, magari spento per giocarci tra le labbra e le mani e il tanto fumo di sigarette come compagno indivisibile di tanto stress da lavoro. In tv appariva accigliato, perfino burbero, quasi minaccioso nelle presentazioni delle puntate di Atlantide, un format che porta per intero il suo modo di fare giornalismo, a schiena dritta, con il senso rispettoso di tutte le idee purché spendibili al cospetto dei fatti.

LA SCRITTURA

Andrea era un collega dolce e scomodo, sempre sul pezzo, dotato di una memoria prodigiosa, generoso con gli altri e assai meno con sé stesso. Disponeva di una scrittura asciutta, nervosa, ricca di riferimenti, mai paludata o compiaciuta, tesa a colpire il bersaglio che è il cuore della notizia, più spesso dello scoop: centinaia di articoli con la sua firma sono racchiusi nelle collezioni del Corriere della Sera dove lui ed io abbiamo lavorato uno di fronte all’altro per vent’anni.

 

GRANITICO

La strage di Ustica con i suoi segreti e misteri e il granitico muro di gomma dei militari, il caso Moro in tutte le sue infinite propaggini, la banda della Magliana e le sue complicità su su fin dentro il Vaticano, e poi la sconvolgente stagione delle stragi mafiose, l’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la rete delle omertà e complicità inconfessabili e avvolte nel mantello dei poteri occulti: un ventaglio che s’intreccia con la recente storia del nostro Paese, intessuto di sangue e di brividi e di complicità al quale Andrea Purgatori, testimone vivissimo del suo tempo, ha dedicato la parte più feconda e impegnata della sua carriera. 
La sobrietà severa e sorvegliata con cui questo giornalista italiano ha vissuto e praticato la professione contiene perfino il rischio, raccontandola, di qualche iperbole o enfasi indotta dal dolore del lutto. Perché un grande giornalista ci ha lasciato, questo è sicuro. E comunque il suo curriculum, troncato a 70 anni da una malattia feroce quanto sbrigativa, testimonia di un filo rosso dell’impegno civile che conferisce a questo mestiere, talvolta perfino maltrattato a ragione, un valore che si trasforma in indispensabile presidio di legalità.

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