Silvio Berlusconi, morto l'uomo che cambiò la tv: l'invenzione della televisione commerciale e la fine del monopolio Rai

Un prima, fatto inizialmente dai soli canali Rai e seguito poi da un manipolo di televisioni private che non si vedevano nemmeno tanto bene; e un dopo arricchito dai canali creati da Berlusconi

Silvio Berlusconi, morto l'uomo che cambiò la tv: l'invenzione della televisione commerciale e la fine del monopolio Rai
Silvio Berlusconi, morto l'uomo che cambiò la tv: l'invenzione della televisione commerciale e la fine del monopolio Rai
di Tiziana Lupi
Lunedì 12 Giugno 2023, 11:25 - Ultimo agg. 14 Giugno, 09:19
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Buona domenica, Il pranzo è servito, Maurizio Costanzo show, Dallas, Uccelli di rovo, Drive in: non sono solo i titoli di trasmissioni televisive degli anni Ottanta ma, per chiunque abbia più di quarant’anni rappresentano un vero e proprio spartiacque nel mondo della televisione. Perché, comunque la si pensi su Silvio Berlusconi, nella tv italiana esistono un prima e un dopo di lui. Un prima, fatto inizialmente dai soli canali Rai e seguito poi da un manipolo di televisioni private che non si vedevano nemmeno tanto bene; e un dopo arricchito dai canali creati da Berlusconi: Canale 5, Italia 1, Retequattro e, in anni più recenti, Iris, Mediaset Extra, Top Crime; Premium Cinema e chi più ne ha più ne metta nel dorato mondo del Biscione. 


IL BISCIONE


Già, il Biscione, che oggi svetta su Cologno Monzese, sede Mediaset a pochi chilometri da Milano: una sorta di serpente stilizzato che il Berlusconi imprenditore edilizio sceglie nel 1974 come simbolo del nuovo quartiere di Segrate, Milano 2, e che poi il Berlusconi imprenditore televisivo utilizza per Telemilano 58, il primo tassello di quello che in breve tempo è diventato un vero e proprio impero. Richiama il biscione dei Visconti ma in bocca non ha una figura umana, come l’originale, ma un fiore. Perché il Cavaliere, si sa, è un uomo galante.
Dicevamo dell’impero: televisivo ma non solo, visto che alla tv sono seguiti il cinema (Penta Film, in società con Vittorio Cecchi Gori, e Medusa) e la politica che, certo, è tutta un’altra cosa.

O forse no. Perché, in fondo, sempre di spettacolo si tratta.

 

E Berlusconi, vuoi o non vuoi, di spettacolo se ne intende. Le sue vicende personali e politiche, sentimentali, giudiziarie e, persino, sanitarie sono da anni al centro della scena. Lui stesso è al centro della scena ma, nello stesso tempo, sa quello che la gente vuole e intende offrirglielo, costi quel che costi. Tanto che, appena iniziata l’avventura televisiva (con l’aiuto di quella politica di cui all’epoca ancora non fa parte) a suon di contratti miliardari strappa a una Rai per la prima volta alle prese con la concorrenza nomi del calibro di Mike Bongiorno, Corrado, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello.

È con loro, ma non solo, che Berlusconi offre per la prima volta agli italiani una televisione diversa. Più colorata, innanzi tutto, basti pensare agli studi patinati de La ruota della fortuna o de Il pranzo e servito: luci, colori... Poi, il che non guasta (siamo pur sempre nei rutilanti anni Ottanta), è una tv un po’ più scollacciata: Drive in, con le sue maggiorate Carmen Russo, Tinì Cansino e colleghe, entra rapidamente e facilmente nell’immaginario del maschio italico, come del resto Colpo grosso. Berlusconi dispensa a tutti consigli da produttore accorto: «La prima volta che mi vide, mi disse: “Mi raccomando, quando scende le scale, non guardi mai in terra ma davanti a sé. E, ricordi, i polsini della camicia devono uscire dalle maniche della giacca”» raccontò una volta Gigi Sabani. 
Infine, ultimo ma non ultimo, quella televisione è gratuita. Niente tasse, niente canone: lo spettacolo è gentilmente offerto dagli inserzionisti. Certo, in cambio bisogna sopportare i “Consigli per gli acquisti”, come li chiama Maurizio Costanzo, o le “réclame” di funariana memoria che interrompono il film sul più bello, lasciandoti con il fiato sospeso. Ma che vuoi che sia davanti a tanto ben di Dio offerto “aggratis” su un piatto d’argento? 


CORSA AL RIBASSO


Tutto bene, insomma. O quasi. Perché anche le luci e le paillettes hanno le loro zone d’ombra. E quando la politica (già, sempre lei...) decide che la Rai deve finanziarsi per metà con il canone e per metà con la pubblicità, scatta inevitabilmente la corsa al ribasso della qualità con la Rai costretta a inseguire Mediaset sul suo terreno commerciale. E i soldi, com’è noto, non vanno tanto per il sottile. Un programma non deve più necessariamente essere bello ma deve fare ascolti anche se per questo bisogna portare in tv la gente comune che si accapiglia o bisogna guardare dal buco della serratura. Finisce così l’era dell’indice di gradimento e inizia quella degli indizi di ascolto.


CAPIRE I TELESPETTATORI


Il resto è storia, televisiva ma non solo. Oggi, a distanza di più di quarant’anni dalla nascita, le reti Mediaset continuano ad essere l’unica vera alternativa generalista ai canali Rai. E Silvio Berlusconi rimane, forse, l’uomo che, in Italia, ha capito la televisione, e soprattutto i gusti di tanti telespettatori, meglio di chiunque altro. 

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