Il metodo Fenoglio stasera in tv: «La pazienza è rivoluzione»

Un nuovo carabiniere per la fiction Rai

Alessio Boni
Alessio Boni
di Titta Fiore
Lunedì 27 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18:30
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Un nuovo carabiniere per la fiction Rai: da stasera e per quattro settimane sulla prima rete arriva «Il metodo Fenoglio - L'estate fredda», la serie tratta dai libri di Gianrico Carofiglio con Alessio Boni protagonista nei panni di un maresciallo atipico che all'azione preferisce l'indagine speculativa. Pietro Fenoglio, piemontese, è in forza al Nucleo Operativo di Bari. Non ama le armi, è appassionato di libri e di musica classica, parla poco, pensa molto. Trasferito in Puglia per un periodo limitato, ha conosciuto Serena (Giulia Bevilacqua), la sua attuale compagna, e ci è rimasto. I colleghi lo considerano una mosca bianca, lui lo sa e non fa alcuno sforzo per smentirli. Al suo fianco nelle indagini, quasi a fargli da contraltare, l'appuntato Pellecchia (Paolo Sassanelli), uno sbirro vecchia maniera con una fitta rete di confidenti e una vasta conoscenza del territorio, e una ruvida e carismatica Pm di frontiera, Gemma D'Angelo (Giulia Vecchio).

È il 1991, l'anno dell'incendio doloso del Teatro Petruzzelli, un luogo altamente simbolico per Bari.

Agguati, omicidi, casi di lupara bianca e il sequestro di un bambino, figlio di un boss potente e spietato, creano un clima di terrore. Fenoglio è convinto che la criminalità locale si stia trasformando in un'organizzazione mafiosa in piena regola, mentre Cosa Nostra prepara il suo livido attacco al cuore dello Stato con i massacri dei giudici Falcone e Borsellino e delle loro scorte. Per Carofiglio, ex magistrato, autore della trilogia Il maresciallo Fenoglio, edita da Einaudi e cosceneggiatore dell'adattamento televisivo, la serie restituisce con efficacia un'epoca storica: «Ma sarebbe un errore aspettarsi l'esatta trasposizione dei libri, piuttosto è importante che gli episodi riescano a replicare lo spirito dei personaggi e delle atmosfere. Nella serie c'è una credibilità nel racconto investigativo che non è facile trovare altrove». 

Ma qual è, in pratica, il «metodo» Fenoglio? Racconta Alessio Boni: «Lo spiega lo stesso maresciallo quando ricorda ai suoi che “la nuova rivoluzione è la pazienza”. Per poter districare la matassa devi saper arrivare a un punto preciso delle cose, come facevano il commissario Maigret, Sherlock Holmes e anche il detective Morgan Freeman di Seven». Confesso di essermi ispirato anche a questi personaggi per interpretare Fenoglio. Amo la sua capacità di non volere tutto e subito, è un uomo che va a fondo, scrupoloso nei dettagli, perché vuole essere sicuro, spaccando il capello in quattro, di avere tutti gli indizi per mettere sotto chiave una persona». Alle pistole Fenoglio preferisce le armi della logica: «È un tipo particolare, un letterato che vorrebbe ammanettare i colpevoli con la psiche, senza toccare un'arma, e questo mi è piaciuto molto» continua l'attore. «Falcone e Borsellino dicevano che la mafia bisogna conoscerla a fondo per poterla combattere. Fenoglio segue la loro lezione, è convinto di dover entrare empaticamente nella vita dell'altro per capirne i movimenti e la sua tensione investigativa tiene lo spettatore sul filo del rasoio».

La regia è di Alessandro Casale («la serie mi ha dato l'occasione per raccontare un pezzo di storia italiana, una sfida elettrizzante») per una coproduzione Rai Fiction e Clemart distribuita da Beta Film. Boni, che il 12 dicembre debutterà al Donizetti di Bergamo in una rilettura dell'Iliade e per questo sfoggia una criniera leonina da dio dell'Olimpo, racconta di essersi confrontato a lungo con Carofiglio e gli sceneggiatori, nonché con gli stessi carabinieri: «In passato, dopo “La meglio gioventù”, mi hanno proposto vari ruoli investigativi che ho sempre rifiutato perché mancavano di veridicità. All'epoca dei fatti che raccontiamo al Sud c'era una mattanza vera, con un morto ammazzato al giorno, per calarmi meglio nel personaggio ho chiesto a Carofiglio di spiegarmi cose che non aveva scritto nei romanzi, com'era l'ambiente d'origine dei personaggi, la famiglia, rapporti con i parenti e con gli amici». Cosa le ha lasciato Fenoglio? «Ho fatto tesoro della sua pazienza, che è una dote fondamentale con i figli piccoli, di tre e due anni. Io che tendo a essere sempre più intollerante ho imparato da Fenoglio che non si deve avere fretta a giudicare le persone. Anche se ha davanti un criminale, lui vuole capire la vita che ha avuto perché nessuno sceglie dove nascere, e questo troppe volte lo dimentichiamo». 

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