Benevento, slitta il ritorno in serie C: l'agonia si prolunga

Lo stop del Brescia con il Parma tiene ancora in vita la truppa di Agostinelli

La delusione del Benevento
La delusione del Benevento
di Luigi Trusio
Lunedì 8 Maggio 2023, 10:07
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Il Brescia sconfitto a Parma tiene ancora in vita il Benevento ma la serie C, ormai, è solo questione di tempo. Dovrebbe accadere l'imponderabile, ma la squadra vista sabato ha già mollato. Dunque l'agonia continua e ha un sapore beffardo. A Cittadella è andata in scena l'ennesima prestazione imbarazzante e priva di mordente, di attenzione, di concentrazione. Una partita che è stata esattamente lo specchio della stagione del Benevento.

Giocatori disconnessi sul piano mentale, un'accozzaglia di pedine sistemate in mezzo al campo a corricchiare nella speranza di indovinare una giocata. Senza uno schema, una coralità, un briciolo d'intesa collettiva o un anelito d'amore verso la maglia, sovrastata fisicamente dagli avversari, che dopo meno di un quarto d'ora avevano già calciato 6 volte verso la porta. Una squadra derelitta, la peggiore della cadetteria per distacco, composta da calciatori che hanno chiuso cicli e in molti casi pure la carriera, e si porteranno addosso, come un marchio a fuoco, questa stagione invereconda.

Agostinelli si è reso conto in prima persona di quanto fosse semplice fare analisi e indicare la via nei salotti tv, per poi scontrarsi con la cruda realtà di un «gruppo» esistente solo sulla carta, scollato come non mai, dove ognuno remava per sé piuttosto che in una direzione unitaria.

Lui forse è il meno colpevole, ma al pari degli altri non ha prodotto risultati pur avendo a disposizione la squadra al completo, a differenza dei predecessori. In ogni caso il Benevento sprofonda nel baratro della C, un inferno da cui aveva impiegato 87 anni per uscire e dove torna mestamente senza neppure che gli venga concesso l'onore delle armi. Perché la squadra non hai lottato davvero per l'obiettivo salvezza, imprigionata nella presunzione di meritare ben altri palcoscenici.

Sono mancati i giocatori umili, affamati, che hanno voglia di emergere, in una truppa dove invece proliferavano giovani che si sentono già arrivati (escluso Carfora) senza aver mai calcato i campi della C, o «attempati» in cerca di un'ultima occupazione prima di appendere le scarpe al chiodo. Ma è la generazione di mezzo quella che ha assestato il colpo decisivo al Benevento: i Letizia e gli Improta, rispettivamente capitano e vice capitano, cinque anni in giallorosso e tre retrocessioni per il primo, due in quattro campionati per il secondo. E ancora gli Acampora, uno sul quale a gennaio aveva messo gli occhi il Torino, i Viviani (chiesto dal Monza se non avesse preso Rovella dalla Juve), che adesso si ritroveranno loro malgrado a ingoiare la polvere sui campi della terza serie. Servirebbe una demolizione e ricostruzione, ma con i contratti onerosi che resteranno sul groppone sarà difficile mandar via tutti e fare piazza pulita. Di sicuro spariranno i vari Basit, Vokic, Sanogo, Perlingieri, mai impiegati e incapaci persino di trovare squadra in C. Alcuni di questi hanno pure rifiutato destinazioni a gennaio.

Ora il più grande punto interrogativo si chiama Oreste Vigorito. Resterà o andrà via? Il presidente è in riflessione. Ha chiesto scusa e ha espresso il suo dispiacere ammettendo gli errori commessi. La certezza è che abbia sbagliato in buona fede, ma anche lui, a un certo punto, ha smarrito la bussola, così come il direttore sportivo Foggia e i vari allenatori che si sono succeduti. Confermare Caserta sub iudice, senza esserne convinto, è stato il primo grave errore, con il conseguente tira e molla che ha prodotto incertezza e improvvisazione. E se l'ingaggio di Cannavaro per certi versi poteva avere una sua logica, quello di Stellone è stato il vero colpo di grazia. Per non parlare della linea verde prima propagandata e poi rinnegata in estate, e il non mercato di gennaio: arrivati solo Pettinari e Jureskin, il cui contributo è stato pari a zero. È certo, però, che Vigorito non potrebbe lasciare di punto in bianco, perché una squadra di C con quegli ingaggi non farebbe gola a nessuno. E conoscendolo, non condurrebbe mai il club al fallimento. Se da un lato è ipotizzabile un'annata di transizione per portare a scadenza i contratti più onerosi, dall'altra Vigorito deve guardare dentro se stesso e capire se a 76 anni ha ancora stimoli e motivazioni per andare avanti e restare al timone. Oppure lasciare le redini a qualcun altro in attesa di trovare un'acquirente per la stagione 2024/25. Molto dipenderà, come spesso accaduto, dalle reazioni e dagli umori della piazza. Se il presidente dovesse sentirsi indesiderato, toglierà il disturbo. Ma se dovesse avvertire ancora calore, passione e fiducia intono alla sua persona, potrebbe anche decidere di ripartire programmando un pronto ritorno tra i cadetti.
 

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