Calcio impazzito, il giudice:
«Razzismo? 2 casi al mese»

Il giudice sportivo Marco Brusco
Il giudice sportivo Marco Brusco
di Federico Fabrizi
Sabato 30 Gennaio 2016, 12:44 - Ultimo agg. 16:15
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PERUGIA - Centocinquanta partite a settimana e almeno un paio di volte al mese ci scappano gli insulti razzisti. La statistica - dall'Eccellenza alla seconda Categoria più Juniores e Allievi - la fa chi ogni martedì si ritrova a mettere nero su bianco squalifiche e sanzioni. Il giudice sportivo Marco Brusco è deciso: «Casi di insulti razzisti purtroppo ci sono e noi siamo severissimi (a proposito della partita di domenica scorsa tra Orte e Assisi lui ha spedito tutto alla procura federale ndr) ma il problema principale per me resta quello della violenza».

Brusco, insomma, tanti nasi rotti ogni domenica?
«Ai nasi rotti per fortuna si arriva raramente, ma qualche occhio gonfio, contusioni, echimosi quelle sì: tante, troppe. E poi minacce e insulti di ogni genere in modo particolare nei confronti degli arbitri. Il problema esiste, va affrontato e va combattuto».
E in mezzo a chi allunga le mani c'è anche chi si concentra sul colore della pelle.
«Ogni episodio di razzismo è di per sé gravissimo e viene punito con il massimo della severità. Se dovessi fare una casistica, fatti così li troviamo quasi sempre inseriti dentro qualcos'altro, magari in una partita particolarmente nervosa o in situazioni nelle quali c'è qualcuno sugli spalti decisamente agitato. Credo che oggi non ci sia squadra in Umbria in cui non scenda in campo un ragazzo di origini straniere, questo è bellissimo, è straordinario, vuol dire che il calcio e lo sport sono ottimi veicoli d'integrazione. È la conferma di un movimento sano e vivo. Poi quando si va 
oltre le regole, in alcuni casi, si cade in offese odiose a sfondo razzista. Purtroppo succede: a volte anche dagli spalti».
E quando giocano i ragazzini? Anche lì si va oltre?
«In quei casi il problema sono i genitori. Non c'è dubbio. Non si può immaginare cosa si sentono dire gli arbitri nelle competizioni dei più piccoli: e pensare che spesso si tratta di coetanei dei ragazzi che scendono in campo».
Lo scenario e chiaro: che si fa?
«Il problema a mio avviso è culturale. Manca la mentalità per cui la sconfitta ci può stare, così come ci può stare l'errore di un arbitro, che magari spesso è 
da solo, proprio come ci sta l'errore di un centravanti che si mangia un gol. Ecco, questo è un sogno, forse una mia utopia: che l'errore di un arbitro venga considerato come qualcosa che semplicemente la domenica o il sabato può accadere».
Brusco, e chi riesce a spiegare una cosa così a certi “appassionati"?
«Diciamo la verità: ci sono tanti dirigenti e tanti allenatori che danno l'anima, il tempo e ci mettono anche i loro soldi, per far disputare un campionato di 
calcio ad una squadra magari di una piccola frazione. Ripeto: quello umbro è un movimento sano, ma non c'è dubbio che i comportamenti di alcuni, pochi per fortuna, possano danneggiare l'immagine complessiva. Questo deve 
essere combattuto da tutte le componenti del calcio».
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