Napoli campione d'Italia, il pagellone dello scudetto: Di Lorenzo, Osimhen e Kvaratskhelia da Oscar

Miglior difesa, miglior attacco e il capocannoniere: un capolavoro

Il trionfo degli azzurri
Il trionfo degli azzurri
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Domenica 4 Giugno 2023, 23:57 - Ultimo agg. 6 Giugno, 18:42
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Uno scudetto vinto con sei giornate di anticipo ma in realtà già a febbraio gli azzurri potevano iniziare a ricamare il triangolino tricolore sul petto. Una stagione straordinaria, attesa per 33 anni lunghissimi, con tanti figli a chiedere ai propri padri se era proprio vero che c’erano stati anni in cui era il Napoli ad arrivare primo. Sì, è scudetto. Che scudetto. Talmente vinto a mani basse che sembra persino facile. Macché: una macchina perfetta di gol e spettacolo.

Miglior difesa, miglior attacco, il capocannoniere (era 13 anni che chi vinceva il campionato non aveva anche il bomber). Molti i momenti chiave della stagione: la vittoria all’Olimpico con la Roma a ottobre, ma anche la reazione dopo il primo ko in casa dell’Inter (1-0) alla ripresa della stagione. Una serie interminabile di emozioni per una squadra partita dalla contestazione di Dimaro, senza campagna abbonamenti per timore di un flop. È lo scudetto di Aurelio De Laurentiis (10 con la lode) che ha creduto (da solo) nel suo progetto e ha tirato dritto. Ma è lo scudetto di un ds silenzioso e stakanovista come Cristiano Giuntoli (voto 10) che ha pescato Kvara in Georgia, Lobotka al Celta Vigo, Osimhen nel Lille, Anguissa nell’ultimo giorno di mercato dal Fulham e un semisconosciuto Kim dal Fenerbahce.

 

10 Spalletti

Si cuce lo scudetto sulla pelle ma poi gira le spalle e se ne va sul più bello, con l’impero conquistato. Decisione che lascia l’amaro in bocca. Ma conta il campo: e questo è il suo scudetto, poche storie. Ha spiegato a tutti che chi tiene palla si sente più forte. E quel palleggio insistito mai fino all’ostinazione è stato un modo per educare una mentalità, per trasmettere conoscenze e sicurezze a una squadra che doveva imparare a vincere. È così che è diventato grande il Napoli. Un calcio fatto di regole ferree, demo-meritocrazia, corsa. Ha reso più verticale il palleggio e non ha rinunciato all’arte squisita del ricamo corto. 

8 Meret 

Un solo, vero, errore: quello contro il Bologna. Per fortuna senza conseguenze. Una stagione senza le paure del passato, cancellando il gap di personalità. Sue le mani sullo scudetto. 16 clean sheet, non male per uno che l’estate scorsa doveva essere ceduto allo Spezia. 

6.5 Gollini

Arrivato dopo gli screzi di Firenze, il suo contributo l’ha dato.

Poteva fare qualcosina in di più nelle gare post scudetto, ma si mostra un secondo di livello che può essere persino affidabile per il futuro. Dà l’impressione di essere ben dotato anche con i piedi. E non guasta.

10 Kim Min-Jae

L’urlo del suo cognome ad ogni suo intervento è un marchio di fabbrica che resterà nella stagione tricolore. Koulibaly chi? Il coreano ha interiorizzato in un amen i meccanismi della linea, spezzandola e rientrando. Miglior centrale della A. Per distacco. 

9 Rrahmani 

Non ha mai sfigurato contro una prima punta in Italia e in Champions. Guida della difesa, leader dentro e fuori dal campo, è stato marcatore implacabile. Davanti a un camino, un giorno racconterà ai nipoti il suo gol nello straripante 5-1 alla Juventus.

6 Ostigard

Avrebbe meritato più spazio, ma i meccanismi collaudati della difesa lo hanno impedito. Grezzo tecnicamente, insuperabile di testa, ha tempo per continuare la sua evoluzione. Con la gioia del gol alla prima in Champions contro i Rangers Glasgow.

7 Juan Jesus

Da oggetto circondato da dubbi a personalità della difesa con qualche gol importante. Il voto non è più alto per qualche topica corsa qua e là che pure hanno avuto un peso, come con la Salernitana: nel complesso, ha sempre regalato il sentore dell’affidabilità.

7.5 Olivera

Nelle caratteristiche si differenzia da Mario Rui: tantissima corsa, meno feeling tattico, ma coperture e sgasate di livello. Champions di qualità la sua. Senza il pari di Dia con la Salernitana, sarebbe passato alla storia per il gol dello scudetto. Come Baroni nel 1990.

9 Mario Rui

La stagione della sua, personalissima, vendetta sportiva. Criticato, quasi trascinato via da Napoli. È rimasto da leader tecnico, uno che ha ricreato con Zielinski e Kvaratskhelia la potenza della fascia sinistra. Che assist con il Milan e la Cremonese.

10 Di Lorenzo

C’è solo un capitano. Che parla e si fa sentire. Che in campo fa il terzino, il centrale, l’intermedio di centrocampo e chiude la linea a 5 in attacco quando le circostanze lo permettono. È uno dei migliori esterni d’Europa, cuore, passione, corsa. Stagione perfetta. 

5.5 Bereszynski

Non può prendersi la sufficienza: solo un tempo a Bologna di alto profilo, poi le altre poche prestazioni non hanno lasciato grande impressione sul terreno di gioco come per esempio con il Monza. Certo, fare la riserve di Di Lorenzo non è una vita facile. 

10 Lobotka

Dieci solo perché non si può dare di più. Il Napoli è tale se c’è lo slovacco. Detta i ritmi, stringe il campo agli avversari e lo rende enorme per i compagni, trovando spazi stile Barça di Guardiola. Un perno inamovibile per caratteristiche introvabili in altri.

5.5 Demme

Non ha evoluto il suo calcio seguendo il flusso di coscienza spallettiano. Fa il compito quando entra, ma il Napoli perde geometrie e certezze e si vede quando è lui a fare l’apparizione: certo che esser l’alternativa ad un Lobotka così è dura.

8.5 Zielinski

L’intermedio di sinistra che ti regala duttilità. In fase di non possesso ha interiorizzato movimenti che trasformano la squadra in un 4-4-1-1, in fase di possesso a volte è numero 8, altre da 10. Troppi alti e bassi. Stupendo steso a terra al 93’ con la Juve.

9 Anguissa

Una seconda parte un po’ meno brillante della prima per continuità. Il suo peso, però, si sente sempre. È stato il Vieira di questa squadra, con quel passo che sembra cadenzato ma che nasconde un’intensità che piega la resistenza degli avversari. 

8 Elmas

Il dodicesimo, il sesto uomo del basket, quello che inserisci per ogni evenienza. Qualità tecnica e fisica, dribbling e strappo, resistenza ed aggressività. Ha segnato gol, fatto assist meravigliosi come quello in occasione del 3-2 sull’Udinese.

5 Ndombele

Nel rapporto attese/resa è quello che ha fatto peggio. I suoi mezzi sono straordinari, però si percepisce che tra campo ed allenamento non sempre testa e cuore sono connessi. Potrebbe esser titolare ovunque ma qui lascia senza rimpianti. 

7.5 Gaetano

l gol all’Inter resterà per sempre. Così come aver vissuto da napoletano il primo scudetto senza Maradona, come un Celestini o un Caffarelli. Si è adattato, ha ascoltato ed è cresciuto: peccato per l’infortunio di ieri con la Sampdoria. 

10 Kvaratskhelia

Spalletti flette idee e modulo anche sulle sue qualità. Devasta gli avversari in dribbling, sposta gli equilibri con movimenti ad arco che gli fanno chiudere tante azioni anche a destra. Nel finale di stagione manca brillantezza. Mvp della A: non c’è altro da dire. 

6 Zerbin

Spalletti crede in lui, lo usa anche in Champions: lo ripaga con corsa ed aggressività. Si percepisce, però, il divario tecnico dai compagni perché ha bisogno di giocare di più e con maggiore continuità. Ma ha numeri che promettono bene.

7 Lozano

Il Chucky è come il verso della più famosa canzone di Ligabue: perché solo certe notti la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei. In altre si fa trascinare, non si accende e non sempre copre al meglio. Dò la sensazione di essere un eterno incompiuto.

7.5 Politano

Sempre positivo, tante volte anche sfortunato: ma la disciplina tattica è stata sempre impeccabile. In occasione del 2-0 al Sassuolo ha festeggiato la 135esima presenza nel Napoli che gli permette di entrare nella top 100 delle presenze azzurre all time.

8 Raspadori

Sfortunato perché è stato in precarie condizioni quando poteva diventare trionfale la sua stagione, soprattutto nei quarti con il Milan. Qualche gara abulica, qualcuna risolta come contro lo Spezia. Il gol alla Juve diventa una delle reti simbolo della stagione.

10 Osimhen

Vale 160 milioni. E nessuno può dire che è una esagerazione. Al massimo, un po’ matto è Victor: cavallo irrefrenabile, corse spiazzanti, avversari tramortiti e tanti colpi presi. E poi i gol, una raffica: di testa, in diagonale. Il superbomber, con 26 reti.

8.5 Simeone

Figlio di Diego, arriva a Napoli e vince lo scudetto da innamorato della città. Piange baciando il tatuaggio della Champions, si inchina al pubblico e non fa mai mancare la garra. Decisivo a settembre (col Milan) e a ottobre: ultimo gol con dedica a Maradona. 

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