Sinner, è iniziata un'era: slam, lavoro e sorrisi

Grazie al suo exploit il tennis è tornato a essere uno sport di massa

Sinner
Sinner
di Marco Ciriello
Martedì 2 Aprile 2024, 09:51
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Adesso che Jannik Sinner riparte dalla terra, dopo aver quasi conquistato il cielo gli mancano solo 1015 punti per raggiungere Novak Djokovic stabilizzandosi al secondo posto della classifica ATP, la prima volta per un tennista italiano, intorno ha solo adoranti e contanti: i primi amano il suo tennis anche se perde, i secondi amano il suo tennis ma contano titoli, vittorie e soldi. Anche il vecchio Nicola Pietrangeli, l'ultimo dei refrattari, si è dovuto arrendere all'ascesa di Sinner, mentre Adriano Panatta parla di un alieno che gioca al tennis e contro il quale anche il miglior Roger Federer avrebbe delle difficoltà.

Possiamo annoverare Panatta tra gli adoranti e tra i primi sacerdoti del tennis ad aver profetizzato l'Era Sinner. Perché a prescindere dai record, dai punti, dalle classifiche e dalle vittorie, c'è un nuovo tennis sinnerizzato dove si tira fortissimo e sempre tra le righe, davanti al quale anche Serena Williams presentandosi a Miami una manciata d'ore prima dell'ennesima vittoria del tennista italiano ha detto: «Avrei voluto il dritto come il tuo». Cose che ha pensato anche il suo avversario, il bulgaro Grigor Dimitrov, ma bestemmiando dentro come avrebbe detto Enzo Jannacci, battuto in due set (6-3, 6-1).
Quella di Miami per Sinner è stata la quarta finale in un Masters 1000: riuscendo a vincerne una sola a Toronto, nell'agosto dell'anno scorso.

Solo quindici giorni fa aveva perso in semifinale del Masters 1000 di Indian Wells, battuto in tre set da Carlos Alcaraz che poi aveva vinto il torneo battendo Daniil Medvedev. A gennaio di quest'anno invece aveva vinto gli Australian Open, e prima la Coppa Davis trascinando l'Italia alla vittoria che mancava dal 1976. È questo il vero punto dell'Era Sinner (E.S.) che è tra i pochi italiani che non vive di ricordi, mentre il resto del paese vive costantemente con la testa rivolta al passato, con i pensieri negli anni che furono. Sinner, invece, sta creando le vittorie e soprattutto il tennis per i ricordi del futuro.

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Migliora continuamente, non si scompone davanti alle sconfitte, non si lamenta né festeggia in modo teatrale, anzi, procede con una normalità gloriosa come se avesse la strada segnata. Bastava vederlo in visita alla Nazionale di Luciano Spalletti in trasferta negli Stati Uniti per capire come è cambiato anche il rapporto tra i calciatori e i tennisti, nessun calciatore dell'Italia può minimamente paragonarsi a Sinner, e portandosi a casa una foto col campione sanciva il sorpasso tra uno sport di élite che Sinner ha reso popolare, e uno sport popolare in declino che Spalletti prova a rimettere in gloria. Non a caso lo aveva già usato come esempio. Perché Sinner è l'esempio. Abnegazione e semplicità, forza, potenza e classe, senza dismettere il sorriso, senza fare drammi. È come se avesse tagliato fuori l'apocalisse sportiva dal suo tennis. Trattando alla pari con i grandi. È l'alieno dal risvolto umano. Quello che lo sa d'essere fortissimo, ma non ci mette mai il carico.

Come sa che la strada è lunga per arrivare a toccare il cielo. Non tanto l'essere primo nella classifica Atp, potrebbe già accadere dopo il Roland Garros, ma continuare a far crescere il suo tennis mettendo trofei in bacheca. Intanto "rischia" di arrivare a Wimbledon da favorito e da primo al mondo giocando da testa di serie, come non è mai accaduto a un tennista italiano, coagulando gli adoratori e i contatori. Sarà lunga l'era Sinner, una lunga pesca di Slam, con la possibilità d'essere mito non solo per gli italiani, evento che capita sempre più di rado nel nostro paese. Ma tanto Sinner non si scompone, sa dove vuole andare e ci va, sa dove vuole arrivare e ci arriverà, essendo un portatore sano di favola senza certificato medico né povertà. È lo sportivo italiano postcontemporaneo, senza il carico dell'italianità, un dono dato dal suo essere un ragazzo di confine. Mite, educato, preciso, senza trasgressioni né rivendicazioni, libero in campo e fuori, con la racchetta e senza; distaccato e algido il giusto, ma col discorso diretto e ammiccante dopo la vittoria, un ventiduenne che non smette di fare la cosa giusta.

È questo il suo difetto. Ci fosse ancora Andrea Pazienza lo disegnerebbe come una bilancia con due racchette per pesare il mondo e poi gli farebbe dire qualcosa di sgrammaticato in inglese, la lingua del tennis. Che Sinner mastica benissimo. Un arcitaliano che parla inglese e agisce da tedesco. Ci voleva un tennista così per dire al paese che si può anche vivere nel presente e immaginarsi nel futuro, dimenticando il passato.

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