Giove, il telescopio spaziale Janus è made in Napoli

In orbita il telescopio realizzato da Leonardo con l'Università Parthenope di Napoli

Via alla missione Juice
Via alla missione Juice
di Mariagiovanna Capone
Sabato 15 Aprile 2023, 09:00 - Ultimo agg. 16 Aprile, 09:35
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Un po' di Napoli brilla su Giove e i suoi satelliti ghiacciati Ganimede, Callisto ed Europa. La missione europea Juice (Jupiter Icy moons Explorer), partita ieri dallo spazioporto di Kourou nella Guyana francese, vede infatti in prima linea l'Agenzia Spaziale Italiana affiancata dalla comunità scientifica nazionale. E in cima alla lista delle collaborazioni preziose per questa missione troviamo il Dac - Distretto Aerospaziale della Campania - che riunisce centri di ricerca, università e aziende portando l'intera filiera produttiva aeronautica e spaziale campana in primo piano a livello nazionale e internazionale.

In particolare, è napoletano uno degli strumenti che aiuteranno a capire che cosa si nasconde sotto i ghiacci lunari ossia il telescopio composto da un sistema di telecamere ad alta risoluzione Janus (Jovis, Amorum ac Natorum Undique Scrutator) in grado di osservare una pallina da tennis da un chilometro di distanza, realizzato da Leonardo con l'Università Parthenope di Napoli, partner del Dac, e l'Istituto Nazionale di Astrofisica. A capo del team internazionale Janus ci sono Pasquale Palumbo dell'Università Parthenope di Napoli, affiancato da Vincenzo Della Corte dell'Inaf-Iaps che si è formato prima all'Osservatorio Astronomico di Capodimonte e poi alla Parthenope, che si conferma fucina di talenti aerospaziali.

Janus sarà utilizzata per il monitoraggio dell'atmosfera di Giove e lo studio approfondito delle sue tre lune ghiacciate per la ricerca di ambienti ritenuti in grado di ospitare forme di vita.

Oltre a Janus, troviamo impronte italiane anche nei progetti Rime e 3GM, mentre Majis, a leadership francese, è stato realizzato attraverso un accordo bilaterale tra l'Asi e l'agenzia spaziale Cnes. Un record poi i pannelli fotovoltaici di Juice costruiti in Italia da Leonardo: sono i più grandi mai realizzati per una missione interplanetaria e hanno una superficie di 85 metri quadrati.

«Il territorio della Campania contribuisce alla scienza e alla tecnologia dello spazio in maniera significativa» ammette Luigi Carrino, presidente del CdA del Dac e ordinario di Tecnologie e Sistemi di Lavorazione all'Università di Napoli Federico II. «Abbiamo la presenza di nuclei che fanno riferimento alle grandi imprese nazionali ma anche tante Pmi che sono davvero all'avanguardia in queste tecnologie, alcune delle quali hanno contribuito a mettere a punto esperimenti e tecnologie che sono all'interno della missione». Il presidente del Dac tiene a precisare che i grandi risultati ottenuti dalla Campania «sono sempre il risultato di un sistema territoriale molto forte, composto da centri di ricerca e università ma anche da sistemi di imprese che soprattutto in quanto piccole rappresentano dei gioielli di competenza e sviluppo notevolissimi. La nostra forza è lavorare insieme e fare sistema».

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Il telescopio Janus è realizzato da Leonardo, sotto la responsabilità dell'Asi, e con il contributo e la guida scientifica dell'Università Parthenope di Napoli e dell'Inaf. Si tratta di una camera ottica ottimizzata per lo studio della morfologia globale, regionale e locale della superficie delle lune di Giove e per il monitoraggio dell'atmosfera del pianeta. Per questo è equipaggiata con un sistema di 13 filtri distribuiti nell'intervallo spettrale dal visibile al vicino infrarosso. Inoltre, il sistema catadiottrico del telescopio definisce un campo di vista rettangolare che permette di raggiungere la risoluzione spaziale di 7 metri, nella fase orbitale intorno a Ganimede a 500 chilometri dalla superficie, e di circa 10 chilometri per le immagini dell'atmosfera di Giove. Janus permetterà dunque l'acquisizione di immagini multispettrali a una risoluzione e con una estensione 50 volte migliore che in passato, garantendo notevoli passi in avanti nella conoscenza spaziale. Quattro secoli dopo il cannocchiale di Galileo. 

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